Proseguono i forti ribassi di Wall Street e dei principali indici europei, molto male anche il Nikkei, situazione molto delicata a Piazza Affari. Il Dow Jones Industrial è in prossimità di supporti importanti, ma finché la flessione si limita a ripercorrere il 38,2%, che è un numero ricavato dalla successione di Fibonacci che si dimostra spesso un riferimento grafico importante, o al massimo la metà del movimento di rialzo precedente, il giudizio che se ne può dare è di una fase correttiva, ovvero di una fisiologica interruzione della tendenza che è però destinata a dimostrarsi solo un fenomeno temporaneo. “Quando invece il ritracciamento si spinge oltre la metà del movimento precedente – spiega Alessandro Magagnoli, analista tecnico e co-fondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline) – è necessario far salire il livello di allerta, perché il rischio di andare incontro a una vera e propria inversione di trend diventa elevato”.



Quali sono i segnali di allarme?

Nel caso del Dow Jones già la violazione di area 27.685 è da considerarsi un allarme grave senza attendere il passaggio al di sotto anche del 50% di ritracciamento: su quei livelli transita, infatti, anche la trend line crescente disegnata dai minimi di dicembre 2018. La media mobile esponenziale a 100 giorni, indicatore che sintetizza la condizione della tendenza di medio periodo, è invece già stata violata il 24 febbraio quando valeva 28.225 punti, e la valutazione che viene data della tendenza da questo indicatore è quindi ora negativa. Solo recuperi oltre area 28.250 segnalerebbero un allentamento delle tensioni ribassiste sul Dow Jones.



Fin dove può spingersi il ribasso?

Negli ultimi 10 anni circa, dai minimi del marzo 2009, tutte le volte che l’indice è andato incontro a una vera e propria correzione del trend al rialzo le quotazioni sono sempre scese a interessare l’area di transito della media mobile esponenziale a 200 settimane – nel 2010, 2011, 2015/16, 2018 -, che attualmente si colloca a 24.000 circa. Un primo punto di arrivo di una fase ribassista che comportasse una violazione decisa di area 27.685, potrebbe quindi essere quello dei 24.000 punti.

La regola della media mobile esponenziale a 200 settimane vale solo per il Dow Jones?



No, vale anche per l’S&P 500, che ha toccato la media con precisione quasi millimetrica sia nel 2016 sia a fine 2018 – attualmente l’indicatore passa a 2.700 circa -, e per il Nasdaq Composite, che ha toccato la media nel 2011, nel 2016 e nel 2018 prima di riprendere a salire dopo una fase di ripiegamento – ora la media passa a 7.075 punti circa.

Perché proprio adesso le Borse hanno iniziato a scendere dopo essersi dimostrate per alcune settimane quasi insensibili al diffondersi dell’epidemia di Covid 2019?

Le Banche centrali, in particolare la Fed, la Bce e la Pbc cinese, sono state protagoniste nella gestione del ciclo economico dell’ultimo decennio. La creazione di moneta conseguente all’alleggerimento quantitativo, il Qe, ha avuto un impatto limitato sull’economia reale, ma ha permesso un’espansione continua dei mercati finanziari, con le interruzioni già citate del 2011, 2016 e 2018 che si sono sempre rivelate però a posteriori degli inciampi temporanei. E l’ultima volta, nel 2018, che le Banche centrali hanno provato a togliere il piede dall’acceleratore, prospettando una riduzione del loro intervento, con la Fed che aveva intrapreso una politica di rialzo del costo del denaro, la reazione delle Borse è stata stizzita. Risultato, la Banca centrale Usa ha dovuto fare marcia indietro. Le Borse hanno gradito, ma così come era successo negli anni precedenti, il rinnovato atteggiamento espansivo ha avuto effetti limitati sulla crescita economica.

Perché?

La domanda rimane bassa e questo non aiuta le aziende a pianificare nuovi investimenti produttivi, nonostante il ridotto costo di finanziamento. Casomai ha permesso una sequenza infinita di operazioni di buy back, cioè di riacquisto di azioni proprie. La discesa dei rendimenti obbligazionari meno rischiosi ha spinto i risparmiatori verso la Borsa e i bond ad alto rischio senza che a fronte di questo si realizzasse una crescita economica altrettanto importante, e quindi una crescita degli utili aziendali tale da giustificare le quotazioni raggiunte dalle azioni. Allo scoppio dell’epidemia da Covid 2019 i mercati hanno ritenuto che, se il contagio si fosse limitato all’Asia, sarebbe stato sufficiente concentrare l’attenzione sugli Usa e sull’Europa, in attesa che l’intervento della Banca centrale cinese e del governo di Pechino con misure straordinarie a supporto della crescita riportasse la situazione in equilibrio.

E ora che il contagio si è allargato ad altre aree del mondo?

Ora che il rischio di essere di fronte a una pandemia aumenta, i mercati sembrano essersi resi conto che non c’è, in realtà, un’isola felice sulla quale posizionarsi in attesa che passi la tempesta. La situazione era già fragile, la crescita economica globale non era infatti soddisfacente nemmeno prima della scoperta del contagio, e appare evidente ora che gli utili aziendali, già troppo distanti dai prezzi delle azioni, rischiano di risentirne pesantemente nel prossimo futuro. Il re è nudo.

Le Banche centrali possono tentare di arginare la paura?

Possono promettere di pompare ancora più liquidità nel sistema, ma a questo punto la promessa di una futura ripresa dell’economia e dell’inflazione, che in realtà non si sono mai realizzate negli ultimi anni, fatta eccezione in parte per gli Usa, ma al prezzo di un deficit di bilancio che è ormai al 5% del Pil, è poco credibile.

E a Piazza Affari?

Le quotazioni del Ftse Mib, che ha chiuso la settimana a quota 22.006 punti, hanno cercato di lasciarsi alle spalle i massimi del 2009, ma la comparsa di una figura tipica di “candela” ha indicato il rifiuto del rialzo da parte del mercato. Ora il rischio che l’indice di Piazza Affari ritorni almeno fino alla parte centrale della fascia che si è sviluppata negli ultimi anni intorno ad area 18.800 è abbastanza elevato.

Delicata è anche la situazione del Btp, vero?

Sì, è molto delicata. E’ vero che i bond, specie quelli americani, sono molto cercati dagli investitori e che i tassi italiani, ancora tra i pochi positivi tra i Paesi industrializzati, potrebbero essere uno strumento allettante, se non fosse che proprio l’Italia è nell’occhio del ciclone per l’emergenza coronavirus. Quindi, teoricamente il Btp potrebbe costituire un’opportunità, ma è necessario che le quotazioni tornino sopra area 148, riaprendo così una nuova fase rialzista anche oltre area 150. Ma i rischi sono ancora elevati, dunque meglio agire con molta prudenza.

Siamo arrivati alla resa dei conti?

E’ ancora presto per dirlo, ma in questo momento strategie basate sull’acquisto sulla debolezza sembrano molto rischiose.

(Marco Biscella)

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