Dopo l’annuncio a sorpresa della Fed di domenica sera, un taglio dei tassi di 100 punti base e altri 700 miliardi di dollari di Quantitative easing, i mercati hanno reagito con una sospensione al ribasso dei principali indici americani. Nello scenario attuale sono saltate le correlazioni normali e le ragioni non sarebbero difficili da capire se tutto il dibattito sul coronavirus non fosse così “sballato”; magari inevitabilmente ma sempre comunque sballato. La questione è il costo delle misure di quarantena a cui molti Paesi si stanno man mano inevitabilmente sottoponendo con qualche eccezione.



Non si tratta di anteporre le vili ragioni dell’economia e della finanza a quelle della salute, giusto per sgombrare ogni dubbio, ma di constatare che al momento attuale ci sono interi settori per decine di punti di Pil in cui non si sta lavorando e siccome non si lavora non si percepisce il reddito e lo Stato può mettere tamponi solo fino a un certo punto; poi c’è la questione di imprese che non hanno semplicemente fatturato e devono continuare ad accollarsi una quantità di costi fissi mostruosa. Uno studio di Lancet pubblicato alla fine di settimana scorsa calcolava che bastano quattro contagiati perché ci sia una probabilità del 50% che riparta l’epidemia. Ieri il Guardian pubblicava uno studio “segreto” del Governo inglese in cui si prevedeva che il coronavirus non verrà debellato prima della primavera del 2021. I “mercati” capiscono che se la “soluzione” al problema sono dodici mesi di quarantena avremo nei fatti le conseguenze di una guerra, il fallimento di un numero spropositato di imprese negli Stati con “pochi spazi fiscali” o magari con governi che si illudono che i soldi per i respiratori e i medici così come quelli delle tasse siano un automatismo che prescinde dalla gente che lavora.



Il corollario è che tra dodici mesi dovremo pesantemente rivedere la spesa sociale se non vogliamo ammazzare definitivamente le imprese rimaste di tasse e una depressione economica con tutte le conseguenze del caso. Le banche centrali dal 2008 in avanti provano a risolvere le recessioni e gli squilibri con la stessa ricetta aggravando speculazioni e vere e proprie follie collettive come il “green new deal”. Possono spingersi fino a mettere i soldi direttamente nel conto corrente, ma questa sarebbe una nuova finta soluzione che tra l’altro non potrebbe avvenire senza uno stretto controllo dei capitali.



La quarantena che si sta facendo oggi è una misura di emergenza necessaria che può durare qualche settimana, ma che non può essere imposta per dodici mesi senza generare sconvolgimenti economici, sociali e perfino psicologici incontrollabili. Poi ci sarebbe un secondo tema; la quarantena ha come unica possibile “co-soluzione” quella del divieto degli spostamenti. Significa come stiamo assistendo nello scenario attuale impedire alle persone di spostarsi da Stato a Stato, da regione a regione, da paesino a paesino, da casa a casa. Insostenibile per un lungo periodo di tempo. Il costo “economico” di quello che stiamo facendo non è un vile e cinico calcolo da ragionieri della partita doppia o da finanzieri, ma una questione di buon senso. Il mercato si sta già accorgendo e avrà la certezza presto che non è una questione di due settimane e neanche di tre e che nella migliore delle ipotesi a fine estate saremo nella stessa situazione con la popolazione e l’economia stremate. Il vaccino potrebbe non arrivare mai.

L’unica cosa che potrebbe far ricredere i mercati è accorgersi che esiste un modo per “convivere” con il problema del coronavirus, senza contemporaneamente distruggere tutto. Gli inglesi alla fine faranno la quarantena, ma non per un’ammissione di errore. Le cartucce da sparare con una quarantena assoluta imposta a decine di milioni di persone e che blocca i traffici sono limitatissime. Anche le risorse per gli stipendi di migliaia di medici e respiratori non sono illimitate a meno di non distruggere tutta l’economia e la vita che c’è sotto. Altrimenti la gente morirà di inedia. Immaginiamo che in Lombardia si risolva il problema in due settimane poi cosa succede? Filo spinato sul Po e bombardamento di aeroporti e stazioni per evitare che il coronavirus rientri nella forma di un turista inglese o tedesco o di uno stagionale polacco?

Nessuno parla del dopo, nessuno spiega a noi o ai mercati cosa succederà quando, a breve, la curva dei contagiati in Lombardia si appiattirà e comincerà a scendere. Sarà tra una settimana se i modelli matematici hanno ragione, ma da qua alla primavera del 2021 mancano dodici mesi e il vaccino non c’è e non si vede. Dodici mesi di scuole chiuse, dodici mesi con centinaia di migliaia di commercianti, camerieri e baristi senza stipendio, dodici mesi di fabbriche chiuse Queste sono le condizioni per perpetuare l’unico modello che il mercato oggi sta osservando. Il problema della soluzione cinese, sempre ammesso che sia stata una soluzione e non l’ennesima propaganda, è che è incompatibile con le libertà occidentali anche compresse; oltretutto nel resto della Cina si continuava a lavorare. Se l’unica soluzione che esiste è la quarantena per dodici mesi, il mercato continuerà a scendere anche con i soldi lanciati in strada dagli elicotteri e che fino a prova contraria non si mangiano. Bisognerebbe sperare e lavorare per soluzioni alternative.

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