Nella notte tra il 4 ed il 5 gennaio scorso, il crollo di un’ala di un edificio del cimitero di Poggioreale ha creato il caos a Napoli. I resti di centinaia di morti si sono mischiati alle macerie rendendo adesso difficile, se non addirittura impossibile l’identificazione delle salme. Come riferisce Il Mattino, infatti, a Napoli è ancora molto diffusa l’usanza di trasferire i corpi dei morti nei loculi avvolti solo da lenzuola bianche nonostante la legge stabilisca che siano necessarie cassette di zinco con i dati del deceduto. L’attesa pioggia prevista nel weekend, inoltre, potrebbe rendere le operazioni ancora più complesse.



Il crollo, come riporta Il Post, avrebbe interessato anche un centinaio di urne cinerarie la maggior parte delle quali si sarebbero rotte spargendo così le ceneri tra le macerie, ancora una volta senza poter contare sui nomi sui sacchetti presenti, tutti uguali, che rendono quindi impossibile l’identificazione. Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, ha ordinato la chiusura del cimitero fino al 19 gennaio mentre l’area è sotto sequestro su disposizione della magistratura.



Crollo cimitero Poggioreale: le speranze nelle bottigline

Sul crollo del cimitero di Poggioreale è stata aperta una indagine e dunque nulla potrà essere spostato fino a quando i periti incaricati dai pubblici ministeri non avranno eseguito tutti i rilievi del caso. Solo dopo il via libera della procura, gli operai potranno iniziare le loro operazioni.

Secondo quanto scrive Repubblica.it, per tentare di identificare i morti le speranze sono tutte affidate ad una antica usanza, quella della bottiglina posta accanto al defunto oppure il test del Dna. Don Giuseppe Tufo, direttore dell’Ufficio Confraternite della Diocesi di Napoli, ha commentato l’accaduto limitandosi a dire: “E’ un disastro”, mentre recupera le documentazioni degli oltre 2300 loculi delle palazzine delle Congreghe San Gioacchino e Dottori Bianchi andate distrutte. Il don ha aggiunto: “molti loculi risalgono agli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso”, e trattandosi di documenti cartacei, molti dati sono mancanti e si sta facendo appello ai parenti dei defunti affinché possano presentare ulteriori documenti utili. Stando ai primi accertamenti sono circa 200 i loculi che si sono mischiati alle macerie. “In molti loculi sono conservati i resti mortali di diversi familiari così i parenti avevano posto accanto a ciascuno una bottiglina con scritto il nome del defunto. Ora proprio quella bottiglina potrà dirci a chi appartiene la salma fuoriuscita dal loculo. È già qualcosa per cominciare”, ha spiegato don Tufo.