Un crollo del petrolio di portata storica quello andato in scena ieri sui mercati: il prezzo del WTI (West Texas Intermediate) contratto di riferimento del mercato americano è precipitato a -37 dollari al barile. A fotografare la situazione c’ha pensato un titolo che non ha bisogno di spiegazioni del Wall Street Journal, il più importante giornale economico, che ha aperto così: “Less than zero“, letteralmente “meno di zero”. Ma come si spiega questo ribasso senza precedenti? Com’è possibile che il prezzo di un barile di petrolio ad inizio 2020 fosse di 60 dollari e adesso sia sceso addirittura sotto zero? Risposta: benvenuti nel mondo post-coronavirus. Con gran parte del mondo il lockdown la domanda di petrolio è sprofondata: chi estrae greggio non sa più dove metterlo. E’ il caso dell’impianto di Cushing, Oklahoma, la cui saturazione ha fatto suonare l’allarme fra i trader, ma anche delle petroliere ferme in mezzo al mare in attesa di capire dove andare. Si arriva così a ieri: i produttori di petrolio costretti a pagare per piazzare il greggio estratto.



CROLLO DEL PETROLIO: WTI SOTTO ZERO

C’è da dire che nella notte e ancora questa mattina il prezzo del petrolio ha fatto registrare un mini-rimbalzo tornando su valori sopra lo zero. Bisogna precisare che la debacle storica riguarda nello specifico il derivato per il petrolio in consegna per il mese di maggio: gli investitori sono infatti costretti a vendere ora in maniera massiccia per evitare che il prezzo scenda ancora e posizionarsi così sulla scadenza successiva di giugno. Adesso il WTI americano con consegna a maggio viaggia poco sopra i 2 dollari al barile, quello in scadenza a giugno è quotato 22 dollari al barile. Valori comunque bassissimi, che confermano il mix di shock economico ed errori politici responsabili del flop. Il primo è stato l’attendismo esasperato di Usa, Arabia Saudita e Russia, colpevoli un mese e mezzo fa di non essersi accordati su un taglio della produzione che avrebbe potuto sostenere i prezzi in assenza di una domanda corposa, con il principe ereditario Mohammed Bin Salman e Putin probabilmente più interessati a mettere in difficoltà lo shale oil americano. Obiettivo raggiunto, se non fosse che quando poi l’accordo tra i 3 si è reso necessario, il taglio della produzione di 10 milioni di barili al giorno è stato giudicato insufficiente dai mercati. A tutto ciò si è aggiunto l’errore di Trump, che dopo un mandato speso a cercare di tenere il prezzo del greggio sotto i 40/45 dollari per ergersi a paladino dei consumatori Usa, negli ultimi due mesi ha virato per salvaguardare le grandi compagnie (storici contribuenti dei Repubblicani nelle campagne per la Casa Bianca) e per salvare dal fallimento gli operatori di shale oil (gli Usa sono primi produttori al mondo). Attendiamoci dunque un sottosopra, una situazione di estrema volatilità: oggi la benzina negli Usa è ai minimi storici, ma il rimbalzo ci sarà, l’economia è malata, il prezzo tornerà a volare.

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