La questione legata alla crisi demografica è diventata nel tempo una tematica di sempre più stretta attualità. In particolare, la notizia di questi giorni è la debole ripresa demografica che è stata registrata oltreoceano negli Stati Uniti, dove i figli per donna sono pari a 1,78, al di sotto della quota di sostituzione, pur rimanendo una quota alta e che in Italia rimane comunque un miraggio. Tale cifra è un aumento rispetto al dato del 2023, che a sua volta era un dato minore rispetto al 2022. Sembra quindi che il 2024 sia, nonostante tutto, un anno di leggera ripresa demografica a stelle e strisce.
Un’analisi dei fattori che hanno portato a questi numeri della natalità statunitense non può che portare a temi già affrontati e conosciuti e validi anche nel Vecchio Continente: da una parte la questione economica, dall’altro un aspetto più culturale. Per quanto riguarda la situazione economica, l’indice di Gini negli Usa assume un valore di 0,4: un valore pari a 1 indica un livello di disuguaglianza massimo, un valore pari a zero indica l’assenza di tali disuguaglianze. Economicamente bisogna considerare che il costo della vita scoraggia le scelte di avere dei figli per chi non è in grado di sostenere le spese: in questo caso va altresì detto che Paesi molto più poveri hanno tassi di fecondità molto più alti, il che potrebbe erroneamente portare a pensare che non ci sia correlazione tra situazione economica e natalità. In realtà, è più corretto dire che non esiste una correlazione “prettamente” economica con la demografia, in quanto vanno a incidere una quantità notevole di fattori che non potranno qui essere esaminati in modo completo. Basti però dire, pensando ad esempio a società del passato, che società più povere avevano più figli anche perché questi non erano considerati un semplice costo, ma al contrario anche una forza lavorativa aggiuntiva. Oppure, pensando ai giorni nostri, le difficoltà economiche delle singole famiglie possono essere oltrepassate da politiche familiari che diano effettivo sostegno alla natalità (si pensi in questo caso a Ungheria e Francia, al netto di un decremento dovuto a infelici scelte in controtendenza rispetto agli anni precedenti). Quindi, di nuovo, oltre al fattore meramente economico, entrano in gioco anche fenomeni di natura sociale e politica.
Ci sono ostacoli però anche dal punto di vista culturale, nonostante il desiderio di natalità sia comunque forte. In questo senso, oltre agli Stati Uniti, è utile osservare quello che accade in Germania, dove il tasso di figli per donna è calato del 15% in due anni: calano sia i figli di donne tedesche che quelli di donne immigrate, anche se queste ultime presentano un tasso molto più alto, in linea con il fatto che i migranti nel breve periodo possono arginare il fenomeno senza però esserne la soluzione. “Ciò che colpisce è che anche in Germania non sta venendo meno il desiderio di figli. Secondo i sondaggi condotti da FreDa i giovani tra i 18 e i 29 anni dichiarano di voler avere due figli. Quello che sembra influire, insomma, come un po’ ovunque, potrebbe essere proprio la situazione di maggiore insicurezza della fase storica attuale. Anche se è possibile che, come emerso in molte ricerche di cui abbiamo scritto di recente, a pesare sia il fatto che le persone oggi hanno bisogno di molte più certezze rispetto a un tempo, anche economiche, prima di decidere di avere un figlio” (cfr. Avvenire). Senza dimenticare che ci sono anche ostacoli di carattere politico che riflettono una certa idea/ideologia culturale, come il caso dell’Assegno unico italiano, approvato all’unanimità dal Parlamento durante il Governo Draghi, dichiarato discriminatorio dalla Commissione europea.
Riprendendo la riflessione culturale, è innegabile che si è immersi in clima in cui la narrazione descrive la famiglia come luogo privo di libertà e ricco di doveri, ricco di compromessi al ribasso e causa di infelicità o insoddisfazione (il contrario di quanto documentato agli Stati Generali della Natalità 2024). A questo si aggiunge una narrazione che vede i figli come ostacolo alla realizzazione dell’uomo e della donna, che ne riducono o annullano la libertà; seguendo tale narrazione si esalta al contrario l’idea che la realizzazione della persona sia perseguibile solo rinunciando ai legami sociali e familiari.
Concludendo, «bisogna considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto» (Amoris Laetitia n. 33, Francesco). Questa narrazione indebolisce la famiglia nelle sue fondamenta, ma «nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società» (Amoris Laetitia n. 52, Francesco): per una ripresa della società e della natalità vanno insomma affrontate delle sfide enormi, di cui quelle economiche sono solo una parte.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI