È stata davvero un’iniziativa a fortissimo impatto, almeno sul piano mediatico, quella che ha organizzato il presidente nazionale del Forum delle Famiglie, Gigi De Palo, per mettere attorno allo stesso tavolo le istituzioni, le imprese, i media e il mondo della cultura. Obiettivo: approfondire insieme la sfida dell’inverno demografico che, almeno in Italia, esige una nuova narrazione della natalità. Qualcosa che vada oltre le pur inevitabili denunce di natura economico-organizzativa e vada al cuore del problema: perché in Italia non nascono più bambini, o per lo meno ne nascono meno di quanto le famiglie vorrebbero e assai meno di quanto la nostra stessa società avrebbe bisogno per mantenere un equilibrio demografico di tipo intergenerazionale. Sappiamo tutti che nel nostro Paese la curva demografica si rappresenta con una piramide rovesciata in cui gli ultrasessantenni sono assai di più dei bambini e degli adolescenti messi insieme.
Ieri a Roma, nell’Auditorium di via della Conciliazione, a un passo da San Pietro, sono iniziati gli Stati generali della natalità; all’inizio erano previsti i saluti istituzionali della ministra per la Famiglia, Elena Bonetti, del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e della sindaca di Roma Virginia Raggi. Tutti in attesa della relazione del presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, che aveva promesso di presentare dati inediti e proiezioni sulla natalità in Italia nei prossimi decenni. Ma la presenza di Papa Francesco e del presidente del Consiglio Mario Draghi ha sorpreso e spiazzato tutti, conferendo all’evento una solennità e un rilievo come mai era successo prima. In molti hanno pensato che se erano presenti il capo della Chiesa nel mondo e il capo del governo in Italia, allora la cosa si faceva davvero molto molto seria. E se sull’intervento e sulle parole del Papa era lecito avere delle attese ben precise, molto meno prevedibile era sapere cosa avrebbe detto Draghi.
Il presidente del Consiglio ha centrato la sua relazione partendo proprio da quella serie di indicatori drammaticamente negativi che vedono l’Italia all’ultimo posto in Europa, e subito dopo ha fatto una diagnosi lapidaria, che suona più o meno così: “Per decidere di avere figli i giovani hanno bisogno di tre cose: un lavoro certo, una casa e un sistema di welfare e servizi per l’infanzia. In Italia purtroppo siamo indietro su tutti i fronti. I giovani fanno fatica a trovare un lavoro e quando ci riescono devono spesso rassegnarsi alla precarietà. Sono pochi e sempre meno quelli che riescono ad acquistare una casa”.
Preciso, puntuale e sobrio, com’è nel suo stile, nello scandire i problemi. Ma ora, ovviamente, tutti ci attendiamo una serie di soluzioni coerenti, che aiutino ad invertire l’andamento del nostro inverno demografico che dura ormai da parecchi anni. Forse troppi. Ce lo attendiamo con quella determinatezza che è parte integrante del suo stile: costi quello che costi! Lui stesso ha ribadito che in Italia siamo indietro su tutti i fronti. E allora vogliamo capire come questi tre problemi troveranno soluzione nella traduzione operativa del Pnrr.
Sappiamo che tra le famiglie, soprattutto tra quelle più giovani, serpeggia un notevole malessere. Lo stesso che si poteva cogliere nella denuncia di Draghi: “Un’Italia senza figli è un’Italia che non ha posto per il futuro, che lentamente finisce di esistere”. Ma questa prospettiva pessimistica non riguarda solo il futuro in cui l’Italia non avrà posto, riguarda drammaticamente anche il presente delle giovani coppie, che non vedono futuro per loro e sperimentano troppo spesso un malessere persistente, che sottrae energie e speranza. E ancora il premier: “Voler avere dei figli, voler costruire una famiglia, sono da sempre desideri e decisioni fondamentali nella nostra vita, la orientano e la disegnano in modo irreversibile”. Significa voler creare legami affettivi stabili; guardare al futuro investendo in un progetto di vita con un’altra persona con cui affrontare le difficoltà che si potranno presentare, senza sottrarsi alle sfide della vita, perché si ha un lavoro stabile, una certa indipendenza economica e logistica, in definitiva non si è soli.
E Draghi davanti alla vasta platea del Forum delle Famiglie ha assunto impegni concreti: “Si può stare tranquilli: anche negli anni a venire l’assegno unico per i figli ci sarà. È una di quelle trasformazioni epocali su cui non è che ci si ripensa l’anno dopo… Poi ci sono gli interventi del Pnrr per circa 20 miliardi dedicati a giovani, donne e famiglie: realizzazione di asili nido e scuole per l’infanzia…”. Non solo, ha aggiunto anche: “Il Pnrr prevede inoltre una clausola generale per incentivare le imprese a assumere più donne e giovani, quale condizione per partecipare agli investimenti del Piano”. E ha promesso che nel decreto Imprese, lavoro, professioni – il cosiddetto Sostegni bis – “che presenteremo la prossima settimana, lo Stato garantisce ai giovani gran parte del finanziamento necessario per l’acquisto della prima casa e ne abbatte gli oneri fiscali”.
Riuscirà Mario Draghi a rendere credibili le sue affermazioni anche in termini concreti, traducendole in impegni reali sul piano politico-economico? Perché di questo in definitiva ha bisogno il Paese per fare un salto di qualità. Politici che, costi quello che costi, quando vedono con chiarezza la soluzione di un problema, la rendono praticabile a tutti. Forse questa è la volta buona e Draghi salverà ancora una volta il Paese, non dalla bancarotta, ma da un futuro senza speranza, perché questo è il destino di un Paese che non si occupa delle generazioni successive.
Draghi ha parlato alle famiglie, al Forum delle Famiglie, assumendo responsabilità su cui milioni di famiglie eserciteranno un controllo dal basso, attraverso la loro esperienza quotidiana e lui non potrà sottrarsi al giudizio di un Paese che in fatto di natalità è davvero arrivato al capolinea.
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