Si sono appena spenti i riflettori dell’Auditorium, in Via della Conciliazione, a Roma, dove si è conclusa la quarta edizione degli Stati generali della natalità, evento annuale promosso dal 2021 dal Forum delle associazioni familiari e da una fitta rete di realtà associative del mondo cattolico, e poi consolidato tra gli obiettivi della omonima Fondazione, animata con tenacia e passione da Gianluigi De Palo.
La penna corre inevitabilmente a commentare – e condannare subito – l’indecorosa “proibizione alla parola” imposta al ministro Eugenia Roccella – e ad altri con lei – da un piccolo gruppo di attiviste (peraltro subito condannata con fermezza dallo stesso Presidente Mattarella, a conferma della gravità, non solo simbolica, dell’evento). Noi non vorremmo parlarne troppo, anche per non dare eccessiva rilevanza all’azione di pochi ai danni di molti, e cioè l’intero Auditorium e le migliaia di persone in rete cui è stato impedito di ascoltare l’intervento di un ministro della Repubblica. Ben strana idea di democrazia, quella che impedisce agli altri di parlare! Per questo non possiamo tacere: perché altrimenti resta solo la voce dei prepotenti. Quindi solidarietà piena ad Eugenia Roccella, e una condanna senza se e senza ma a chi pretende di avere voce togliendo voce ad altri. Così facendo, nemmeno le possibili buone ragioni del dissenso riescono più a rappresentarsi.
Molto meglio ricordare, a riflettori spenti e senza pretese di sistematicità, le molte buone notizie che questi Stati generali hanno portato con sé, e su cui si può costruire un pezzo di futuro. Partiamo per primo proprio dal numero quattro, dal riconoscere che questa è la quarta edizione. Pochi, nel 2021, avrebbero potuto scommettere su questa continuità e vitalità, e soprattutto sulla crescente attenzione che questo evento attira, non solo nel mondo politico e mediatico, ma anche tra le aziende, l’associazionismo, nella Chiesa e in tante parti della società civile.
Riuscire ad organizzare un evento così ambizioso e in costante crescita è una doppia buona notizia: da un lato testimonia la presenza e la possibilità che la società civile possa e sappia organizzarsi e promuovere eventi importanti e professionali, capaci di stare nel dibattito con credibilità e interesse. Dall’altro – e più importante, per certi versi – questa resistenza nel tempo conferma anche che il tema della natalità, nella sua accezione valoriale ed antropologica più ampia, diventa sempre più una questione cruciale, un’urgenza che non può essere nascosta né rinviata, un tema senza del quale nessun discorso sul futuro del Paese potrà essere sviluppato.
Questo non vuol dire che la nostra società saprà prendere subito le decisioni giuste; però, almeno, chiunque si rifiuti di prendere tali decisioni – nei governi e in parlamento, nelle varie forze politiche, a tutti i livelli della pubblica amministrazione – dovrà fare i conti con una consapevolezza diffusa che potrà diventare anche giudizio storico e politico, perché no, anche nelle urne.
Un secondo aspetto, strettamente connesso al precedente, è la paterna attenzione con cui Papa Francesco ha seguito e segue questo evento, garantendo anche quest’anno la sua presenza. Proprio l’intervento di oggi ha lanciato messaggi preziosi e profondi, che meritano una rilettura attenta e puntuale. In particolare due nodi dovranno essere assolutamente ripresi: il primo riguarda l’attenta analisi culturale ed antropologica sviluppata commentando la parola “realismo”, riportando il tema dell’inverno demografico all’interno della più preoccupante e radicale crisi dell’umano e dei legami fraterni, minacciati sempre di più da un egoismo e da un consumismo sfrenati, che “anestetizzano i cuori”, per cui “le case si riempiono di oggetti e si svuotano dei figli”. Davvero da rileggere, parola per parola.
Non meno importante è il richiamo (a lui consueto, ma sempre attuale) all’importanza dei nonni e dei legami intergenerazionali, se si vuole affrontare seriamente la questione “natalità”. Solo un popolo che costruisce legami tra le generazioni saprà rigenerare il proprio futuro nei propri figli.
Un’ultima parola merita la proposta, un po’ provocatoria, di una “Agenzia nazionale per la famiglia”, lanciata dalla Fondazione, come strumento che possa finalmente custodire la questione “natalità” all’interno dell’agenda politica del Paese. Una soluzione tutta da costruire, e nemmeno così decisiva, nelle stesse parole del presidente De Palo. Ma quello che conta è la priorità strategica, quella sì da custodire e rilanciare: far sì, cioè, che l’emergenza natalità – e aggiungerei anche quella che un tempo si chiamava “vertenza famiglia” – non torni ad essere una bandierina da agitare in tempi di elezioni o con singoli interventi, ma divenga un vero e proprio ambito di investimento e di sviluppo dell’Italia, in quanto infrastruttura sociale primaria e insostituibile per la coesione sociale e per il futuro.
La breve storia dell’Assegno Unico dovrebbe insegnarci ancora qualcosa: nemmeno un provvedimento adottato all’unanimità dal Parlamento è stato sostenuto adeguatamente, come riforma strutturale, ma è tornato vittima di uno dei peggiori ritornelli delle politiche familiari degli ultimi trent’anni: non ci sono soldi! Così il Paese non capisce che sostenere la natalità e i progetti di vita e di futuro delle giovani generazioni non può essere considerato un brandello trascurato di welfare, ma va piantato nel vivo delle priorità di sviluppo del Paese: come – e forse anche più – della rivoluzione green; come – e forse anche più – della rivoluzione digitale; come – e forse anche più – del rilancio del sistema produttivo e del Made in Italy. Perché un Paese incapace di investire sulle nuove generazioni non saprà mai né sognare né pensare né progettare né tantomeno costruire il proprio futuro.
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