Ieri l’Istat ha diffuso la stima preliminare del Pil del secondo trimestre; l’istituto ha comunicato un calo del 17,3% rispetto al secondo trimestre del 2019 e del 12,4% rispetto al primo trimestre del 2020. È un calo senza precedenti che, secondo Confindustria, porterebbe il calo del 2020 vicino alla stima della Commissione europea, -11%. Peggio dell’Italia hanno fatto la Francia, -13,8%, e la Spagna, -18,5%. I “mercati” non hanno dato particolare peso alla notizia e la ragione è abbastanza semplice. Il problema degli investitori non è quello che è successo nel secondo trimestre, il problema è quello che succederà dal terzo trimestre in poi, con il lockdown finito, e poi nei trimestri successivi. La questione è quanto ampia e veloce sarà la ripresa e su questo punto vale la classifica dell’Unione europea che ci metta all’ultimo posto in Europa per performance cumulate del 2020 e 2021.



I principali istituti, oltre alla Commissione europea, si aspettano che le altre economie alla fine facciano meglio; queste aspettative non cambieranno nonostante i dati di ieri siano migliori di quelli francesi e spagnoli. Sembra che si stia verificando quello che si è verificato, per esempio, dopo la crisi del 2008. Gli italiani, poco indebitati e con tanto risparmio, sul breve riescono ad attingere ai risparmi. È quello che succede dopo che condanna le prospettive di crescita italiane. Il blocco dei licenziamenti ha sicuramente un effetto cosmetico sui numeri della crescita italiana, ma un’impresa che non può licenziare e si carica di costi che non dovrebbe sostenere nel medio periodo scoppia e lascia a casa tutti. Il trionfo della burocrazia e di un approccio statalista alla “ripresa” con l’intervento statale in grande spolvero all’inizio può diffondere un certo ottimismo, ma ammazza la voglia di impresa e mette un cappio alle attività private. La mancanza di sostegni a fondo perduto potrebbe essere devastante se i debiti che le imprese hanno fatto in questi mesi non fossero resi sostenibili da un contesto di crescita.



Oggi tutto è sospeso e i cali paurosi del Pil del secondo trimestre diffusi in molte economie sono percepiti, pur nella loro gravità, come una sorta di “una tantum”. Il giudizio finale è sospeso e verrà formulato quando appunto si capirà chi ha fatto meglio e di più per rilanciare la crescita. L’appuntamento è con i prossimi due trimestri e i semi di quello che verrà sono stati piantati dai governi nel primo trimestre. Il dato di ieri, paradossalmente, non aiuta la narrazione di un Paese colpito più duramente degli altri o più sfortunato perché la solidità delle famiglie italiane ha permesso qualche mese di respiro. I mercati oggi si chiedono solo che tipo di ripresa sarà e quanto sarà veloce. È su questo che tutti verranno giudicati, incluso il nostro Governo.



L’appuntamento vero quindi è questo autunno; quando la marea si ritirerà e si scoprirà chi nuota senza costume. È su questo appuntamento che bisognerebbe probabilmente giudicare i provvedimenti politici italiani, incluse le proroghe dell’emergenza.