L’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi riserva nuovi indagati e un colpo di scena con la recente iscrizione di un manager che per 6 anni sarebbe stato creduto morto dagli investigatori. Secondo quanto riporta Ansa, si tratta di Agostino Rusca, capo dell’ufficio manutenzioni della direzione del primo tronco dal 1999 al 2006 e fino a poche ore fa ritenuto deceduto ma vivo e vegeto, una scoperta che sarebbe intervenuta perché il suo nome comparirebbe nelle liste dei testi prodotte dalla difesa. Con lui risulterebbero altri tre indagati tra i quali due testimoni, sentiti nelle scorse udienze del processo per il disastro del 14 agosto 2018 costato la vita a 43 persone.
Uno degli ultimi iscritti nel registro notizie di reato, ricostruisce l’agenzia di stampa, è Fabrizio Noto, ingegnere che si sarebbe occupato dei calcoli del progetto di retrofitting (il rinforzo delle pile 9 e 10) e che, stando a quanto emerso, sarebbe stato tirato in ballo da uno degli imputati, il suo collega Emanuele De Angelis. Rusca e Noto risponderebbero dei reati contestati ad altri 58 imputati.
Ponte Morandi: indagati anche due testimoni
Secondo quanto appreso nelle ultime ore, tra le quattro persone recentemente iscritte nel registro degli indagati figurerebbero anche due testimoni sentiti durante le scorse udienze. Stando alle informazioni riportate dall’Ansa, si tratta di Giampiero Giacardi, ex numero uno del personale di Aspi, e Andrea Pancani, ingegnere con un passato da responsabile della sorveglianza Spea in Toscana. Ai due si contesterebbero rispettivamente il reato di falsa testimonianza e di falso.
Secondo l’accusa, il primo avrebbe mentito durante la sua testimonianza: per la Procura, ascoltato nel corso di 4 udienze, avrebbe dato risposte differenti da quanto cristallizzato in sede di sommarie informazioni. Il secondo, sempre stando alla ricostruzione dell’Ansa, sarebbe accusato di aver detto il falso quando, durante le indagini, aveva raccontato che sul IV tronco gli ispettori di Spea facevano controlli accurati a differenza dei colleghi genovesi. Durante la sua testimonianza avrebbe invece ammesso l’assenza di verifiche da vicino anche nel tronco di cui era responsabile perché sarebbero mancati i mezzi e le condizioni di accesso in sicurezza.