Il caso di Eluana Englaro, comunque si risolva, resterà perennemente impresso nella coscienza collettiva del nostro Paese. Molte chiavi di lettura possono essere proposte, ma è oramai chiaro che siamo di fronte ad un punto di non ritorno che rimarrà inevitabilmente impresso nel dibattito culturale e giuridico nostrano.
Aldilà del merito specifico della tematica, c’è un aspetto di metodo particolarmente preoccupante che richiede una sottolineatura preliminare perché segna una tendenza che è oggettivamente impossibile ignorare: l’offensiva laicista e nichilista sta diventando sempre più vigorosa, subdola e diffusa. A tutti i livelli.
La tragedia di questi giorni dimostra, infatti, come la voce di chi nega il diritto di cittadinanza al sentimento religioso, chi vuole tacciare aprioristicamente di integralismo e oscurantismo le posizioni che muovono da assunti di fede o di appartenenza rivendicata, trovano un’eco in crescita esponenziale. Nei salotti radical chic, sui principali media, nelle trasmissioni televisive di riferimento sembrano contrapporsi quotidianamente gli esponenti “illuminati” di una presunta laicità positiva che si presentano come interpreti autentici del bene comune, e i “beceri conservatori bacchettoni” che, nonostante l’ingiusta nomea che li accompagna e pur a costante rischio di ghettizzazione, non temono di mostrare e valorizzare la loro impostazione religiosa o comunque forte sotto il profilo dell’appartenenza culturale. E questo a prescindere dalla condivisibilità o meno delle loro posizioni.
Sembra quasi che fornire un’interpretazione religiosamente identitaria in relazione ai temi più attuali faccia paura, rompa schemi, alteri equilibri che si stanno consolidando.
Il fatto è che il male più grave della nostra epoca consiste proprio nel progressivo affermarsi, troppe volte nel silenzio di chi dovrebbe opporsi, di una impostazione laicista in base alla quale tutto è permesso, tutto è indifferente, tutto è basato su una concenzione autoreferenziale ed individualizzante della libertà. L’uomo sembra non avere più limiti, non ha nessun riferimento (ideale, culturale, religioso) a cui rispondere se non il proprio bisogno o interesse del momento. La responsabilità individuale verso la collettività è divenuta un paradigma arcaico e socialmente irrilevante.
In questa prospettiva, anche la sentenza della Cassazione su Eluana viene presentata come un fatto normale e naturale, come una conquista di civilità (giuridica e culturale) espressione di un diritto soggettivo che si vorrebbe estendere a dismisura, magari a danno di altrettanto significativi diritti individuali. Lo stesso vale, analogamente, per altre tematiche oggi ritenute socialmente rilevanti, come la bioetica (quando viene stravolta e strumentalizzata), il matrimonio omosessuale (considerato da molti del tutto equivalente a quello naturale), ma anche per l’amplificazione sospetta (dato che dovrebbe essere in re ipsa ed un pre requisiito rispetto al nostro modello di convivenza) della laicità dello Stato in settori, come l’educazione, in cui anche il contributo privato e l’istruzione “ideologicamente qualificata” rappresentano un essenziale valore collettivo.
L’ideologia nichilista è drammaticamente pericolosa perché toglie valore alla vitalità dell’individuo, la mortifica, la banalizza.
Per questa ragione, è fondamentale rivoltarsi, è basilare che chi non ha timore di appartenere, di affermare laicamente una identità ed una religiosità consapevole, si impegni in una battaglia di valore e di responsabilità che riguarda tutti.
Il sentimento religioso richiede e richiama un’assunzione di ruolo, non una passivizzazione. E la sfida contro il laicismo necessita di interpreti convinti che non è tollerabile subire una ideologizzazione del modello di convivenza.
Il vero integralismo non appartiene, in altre parole, a chi, accettando il confronto e, inevitabilmente, anche il conseguente rischio di essere minoritario, contribuisce al dibattito pubblico muovendo dalla propria peculiare identità e tradizione, ma a chi, professando la laicità soltanto in via teorica ma non vivendola realmente, vorrebbe ridurre al silenzio il senso religioso.