Maggio 2007, un autobus scolastico si ribalta a Vercelli: due bambini morti (uno sul colpo, l’altro dopo una notte di coma cerebrale). Nel sangue dell’autista tracce di cannabis: aveva fumato uno spinello qualche ora prima. 1 novembre 2008, un operaio di 29 anni che ha fumato cannabis e ingerito Valium effettua un sorpasso azzardato a folle velocità: provoca un frontale in cui perde la vita Roberta Caracci, 24 anni, studentessa di Arese.
Sembrano notizie insolite in Italia, un Paese in cui marijuana e hashish sono circondate dalla “leggenda rosa” secondo cui questa droga sarebbe innocua o addirittura terapeutica per chi vuole rilassarsi e stare allegro per qualche ora. Leggenda che, però, circola ancora solo in Italia: molti governi occidentali hanno capito da tempo che l’uso di questa sostanza psicoattiva è letale, soprattutto laddove si ricorra al suo consumo prima o durante la guida: gli Usa ad esempio hanno dimostrato, mediante esami svolti con l’analisi del capello, che ogni anno il 15% delle persone che ha avuto (o provocato) gravi incidenti anche mortali ha fumato marijuana e che nei giovani tra i 15 e i 20 anni le principali cause di morte sulla strada sono due: l’inesperienza alla guida e l’uso di marijuana.
Non solo: la Francia già da alcuni anni registra almeno 230 morti all’anno per “ubriachezza da cannabis” e, recentemente, il ministero della Salute francese ha dichiarato, in un dettagliato rapporto sulle droghe, che questi 230 morti hanno meno di 25 anni. Per questi motivi, in Usa, Francia, Confederazione elvetica e Australia non sono mancati e non mancano seri interventi di informazione e prevenzione contro lo spinello: dalle campagne mediatiche ai cartelloni esposti ai bordi delle strade, dalle strategie educative nelle scuole e nelle agenzie di scuola-guida ai siti internet specifici sul tema (per la Francia si veda la campagna “Cannabis e guida”; per la Svizzera: “La verità sugli spinelli alla guida”…). Invece in Italia si tace, non si svolgono adeguati e specifici esami, non si informa nelle scuole, nelle agenzie, e neppure sulle corsie delle autostrade. Eppure i gravi rischi cui espone questa droga in associazione alla guida erano già stati presentati nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle Tossicodipendenze del 1999 (firmata da Livia Turco), che riportava numerosi dati e studi sul tema: chi utilizza cannabis ha allucinazioni e disturbi nella percezione visiva ed acustica, perde la capacità di cogliere tempi e spazi in modo adeguato, non è in grado di controllare gli arti per frenare, sterzare, cambiare la traiettoria del veicolo in modo utile, ha i tempi di reazione molto rallentati e il sistema di allerta dell’organismo è completamente offuscato.
Tutti fatti molto noti anche al Dipartimento di ricerca sulla sicurezza stradale dell’Istituto Superiore di Sanità, che dopo aver verificato la stretta relazione tra incidenti gravi e mortali e uso di sostanze psicotrope, e dopo aver condotto ampi questionari nelle scuole osservando che la consapevolezza del pericolo dell’uso di cannabis alla guida del motorino o del veicolo è in costante diminuzione presso le età più vulnerabili, ha affermato: «Essendo [la cannabis] una sostanza molto diffusa, esiste una tendenza a considerarla una ‘non droga’. E’ necessario però ricordare che è la sostanza più frequentemente rilevata a seguito di incidente stradale grave […] il suo uso alla guida dovrebbe essere decisamente e normativamente scoraggiato al pari di altre sostanze».
Su questo tema, e per l’incolumità dei cittadini sulle strade, si veda il capitolo “Cannabis e guida”, nel libro “Cannabis. Come perdere la testa e a volte la vita” di Claudio Risé (San Paolo ed., 2007).