New York – In casa ho la prima foto della prima Way of the Cross over the Brooklyn Bridge.
Si vede Jonathan che porta la croce, e dietro di lui alcuni dei quattro gatti che in quel Venerdi Santo del ’96 si avventurarono sul Ponte di Brookyn con una pioggerella intermittente a tenerci compagnia. Avevo rubato qualche ora al lavoro, cosi avevamo fatto tutti, per esserci. E avevo portato la macchina fotografica perché era la prima volta che la minuscola comunità newyorkese di Communion and Liberation osava tanto.
Sapevamo bene quel che stavamo facendo, la Via Crucis l’avevamo ri-imparata – come tante altre cose – da Don Giussani negli anni dell’Università.
Quel che non potevamo immaginare era che quel piccolo gesto sarebbe diventato, anno dopo anno, una cosa straordinaria, seguita, vissuta da migliaia di persone, accompagnata dalla benedizione di Giovanni Paolo II e poi di Benedetto XVI e persino riconosciuta nel suo significato civile dal Sindaco della città.



La realtà di oggi – Difficile dire un numero, ma oggi eravamo certamente più di duemila dietro alla croce di Gesù, seguendo in silenzioso e commovente raccoglimento letture, canti e meditazioni nella baraonda infinità di New York City. La Cattedrale di St. James, la Cattedrale di Brooklyn da cui la nostra Via Crucis è sempre partita, oggi era troppo piccola per contenere tutti quelli che continuavano a presentarsi. Certo, un po’ alla volta, nel tempo, abbiamo imparato a far sapere alla nostra città quel che facciamo. Il poster della Way of the Cross viene spedito a tutte le parrocchie, cards vengono distribuite a tutti gli angoli della città, avvisi compaiono sui bollettini diocesani, tutti i media (radio, televisioni, giornali) ricevono una batteria di press-releases.
Sarà per tutto questo, sarà perché questo “tentativo ironico” funziona, ma la Way of the Cross over the Brooklyn Bridge è diventata una vera tradizione. A New York, dove il termine “tradizione” non fa parte del vocabolario, perché tutto nasce, si trasforma e muore in un battibaleno, tutto corre veloce e sembra non lasciare mai traccia. La Via Crucis promossa da Comunione e Liberazione invece cresce, come a creare un ponte tra passato e presente, tra un fatto accaduto duemila anni fa e l’oggi; un ponte di certezza della fede sopra uno dei ponti più belli e famosi del mondo. Come ha detto ieri alla partenza Ignatius Catanello, Vescovo Ausiliare di Brooklyn, «in questo mondo pieno d tristezza, dove la gente non ha speranza perché non ha meta, noi seguiamo la croce di Gesù, fonte certa della nostra speranza. E nel farlo nel cuore della città il nostro atto di fede diventa testimonianza portata a tutto il mondo».



Un gesto di popolo – Cosi è, e cosi appare in maniera commovente negli sguardi di chi ci incrocia – inaspettatamente – lungo il cammino e si unisce a noi. È sempre successo cosi, fin dalla prima Via Crucis sul Ponte. È sempre successo cosi, dal primo giorno del cristianesimo. Come si fa a seguire una croce? Come si fa a seguire una croce a New York City, la città dove l’uomo ha sempre tentato di costruire ponti verso l’infinito? «Bisogna sapersi arrendere all’amore che sconfigge la morte», come ha ripetuto appassionatamente Fr. Richard Veras, Assistente della Fraternità di CL per la Diocesi di Manhattan. Quell’amore per cui siamo fatti e al quale resistiamo. Tutti come Pietro e peggio di Pietro.
La Via Crucis a New York, la più grande che New York abbia mai visto nella sua storia, attraverso il distretto finanziario di Wall Street, dove l’unica misura della vita è il soldo, il successo, attraverso Ground Zero, dove una fede senza ragione e senza umanità ha spazzato via migliaia di vite. Tutti dietro alla Croce di Gesù che abbraccia tutto e tutti, completamente e incondizionatamente. Dietro a quella croce nasce un popolo. Li vedevi, di tutte le età, razze, colori, da tutti e cinque i Boroughs della città. Di questi tempi in America sono i candidati alle presidenziali che radunano folle. E i candidati promettono una società più giusta che non potranno ma realizzare.
Oggi New York ha visto lungo le sue strade il popolo che nasce dal sacrificio di Colui che solo può fare giustizia. È questo il seme che pone la speranza nel cuore indaffarato e mortalmente triste dell’uomo d’oggi.



(Maurizio Maniscalco)