Il Santo Padre, ha scelto il giorno del suo compleanno per incontrare i giovani americani. «Il tempo vola», ha detto il Papa, ricordando il suo ottantunesimo compleanno. Benedetto XVI è apparso felice e in forma, in mezzo a più di ventimila giovani riuniti nel verde del seminario di Yonker, un sobborgo a nord di Manhattan. Presa la parola il Pontefice ha pronunciato un discorso ai giovani parlando “da pari”, ricordando le sue esperienze passate e indicando ad esempio il cammino di fede di alcuni Santi e Beati newyorkesi in un discorso di grande energia emotiva e di straordinaria semplicità.



L’esempio di una vita di santità possibile a tutti
«Stasera vorrei condividere con voi qualche pensiero sull’essere discepoli di Gesù Cristo – ha esordito Benedetto XVI – Avete davanti le immagini di sei uomini e donne che sono cresciuti per condurre delle vite straordinarie. La Chiesa li onora come Venerabili, Beati o Santi: ognuno ha risposto alla chiamata di Dio ad una vita di carità e ognuno Lo ha servito qui nei vicoli, nelle strade e nei sobborghi di New York. Sono colpito da quanto eterogeneo sia il loro gruppo: poveri e ricchi, uomini laici e donne laiche – una era sposa e madre benestante – sacerdoti e suore, immigranti da lontano, la figlia di un guerriero Mohawk e una madre Algonquin, un altro era schiavo haitiano, e uno un intellettuale cubano. Santa Elisabetta Anna Seton, santa Francesca Saveria Cabrini, San Giovanni Neumann, la beata Kateri Tekakwitha, il venerabile Pierre Toussaint e il Padre Felix Varela: ognuno di noi potrebbe essere tra di loro, perché non c’è uno stereotipo per questo gruppo, nessun modello uniforme. Ma uno sguardo più ravvicinato rivela che ci sono elementi comuni. Infiammate dall’amore di Gesù, le loro vite diventarono straordinari tragitti di speranza».



I mali della società afflitta dall’ideologia
Il Papa ha ricordato gli anni della sua giovinezza nella Germania schiava culturalmente e politicamente dell’ideologia nazista: «I miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore. Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto. Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai; è stato sconfitto. È questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo Pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale!». Papa Ratzinger ha poi ricordato che poteri distruttivi come il nazismo possono ripresentarsi oggi in altre forme e i giovani rischiano di perdere la loro strada in altre ‘tenebre’: la droga, il razzismo, la violenza, la povertà come anche il «pugno chiuso della repressione» e la manipolazione delle coscienze. «Penso – ha detto – a quanti sono colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione, particolarmente ragazze e donne». «Mentre le cause di tali situazioni problematiche sono complesse, tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti», ha rimarcato. Poi il Papa affonda il colpo mettendo a nudo quella che definisce la «seconda zona di tenebre», il male oscuro dell’uomo moderno, la radice che produce quei mali della società che aveva poco prima introdotto, ma che spesso sono estranee al dibattito sociologico e politico, alle prese con i sintomi e impotente con le malattie che affliggono l’uomo e la società contemporanea.



Le tenebre dello spirito
«La seconda zona di tenebre – quelle che colpiscono lo spirito – rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. La manipolazione della verità distorce la nostra percezione della realtà ed intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni. Ho già menzionato le tante libertà di cui voi per vostra fortuna potete godere. L’importanza fondamentale della libertà deve essere rigorosamente salvaguardata. Non è quindi sorprendente che numerosi individui e gruppi rivendichino ad alta voce in pubblico la loro libertà. Ma la libertà è un valore delicato. Può essere fraintesa o usata male così da non condurre alla felicità che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio di manipolazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si fa confusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto nascosto. Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento alla verità della persona umana? C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità – o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. È ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. È una scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ “essere per gli altri” di Cristo (cfr Spe salvi, 28)».

Un messaggio di speranza
Benedetto XVI ha poi terminato il suo discorso con un messaggio di speranza rivolto alla platea che lo ascoltava, e certamente valido per tutti i giovani del mondo in attesa della Giornata Mondiale della Gioventù di Sidney, cui il Santo Padre ha dato appuntamento accomiatandosi. «Amici, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. È dall’interno della Chiesa che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per camminare sulla via del Signore. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi».