«La Compagnia delle truffe»: così titolava ieri il manifesto. Riferimento esplicito alla Compagnia delle Opere, indirettamente coinvolta nelle indagini di Padova su presunti utilizzi illeciti di finanziamenti europei per sostenere corsi di formazione. La Cdo viene tirata in ballo perché all’indagine si è aggiunto un nome eccellente: quello di Graziano Debellini, che in passato ha avuto incarichi nell’associazione imprenditoriale, sia a livello locale che nazionale.
Il giornalista del manifesto che tratta l’argomento, tale Ernesto Milanesi, sembra godere di buoni rapporti con chi conduce le indagini (e ne fa esplicitamente nomi e cognomi, cioè Antonio Manfredi, maggiore della Guardia di Finanza, e il pubblico ministero Antonella Toniolo): parla infatti dei “rapporti” stilati dagli investigatori fin nei minimi dettagli, quando invece alle persone coinvolte non è ancora stato notificato nulla. Debellini, infatti, non ha ricevuto ad oggi alcuna notizia, se non, naturalmente, dai giornali.
Certo, per parlare esplicitamente su un giornale di «truffa» bisognerebbe forse avere qualche elemento in più che un buon rapporto con un pm e un maggiore della Guardia di Finanza. E se di elementi in più il giornalista, e il direttore del giornale per cui lavora, non ne trovano avranno un bel grattacapo nel difendersi dall’accusa di diffamazione aggravata a mezzo stampa che ora la Compagnia delle Opere potrebbe eventualmente decidere di muovere contro di loro. Per di più con una richiesta di danni di quasi due milioni di euro, da destinare poi al sostegno di opere di carità in Africa.
Ma non c’è solo questo: presto la vicenda finirà direttamente a Roma, alla Camera dei Deputati. È prevista infatti in tempi brevi un’interpellanza del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi al ministro della Giustizia Alfano (per quanto riguarda il pm) e al ministro dell’Economia Tremonti (per quanto riguarda il maggiore della Gdf), nella quale si chiederà di fare chiarezza sui fatti di Padova in merito soprattutto alla violazione del segreto istruttorio, e sui cui verrà chiesta un’ispezione. Si tratta sostanzialmente di chiarire se c’è qualcuno che si pone al di sopra della legge, al punto da decidere in modo arbitrario, e impunemente, delle sorti delle altre persone.
Il sospetto in definitiva è che si sia cercato di tirare fuori dal cilindro un nome eccellente per ravvivare un’indagine che iniziava a languire. Il nome di Debellini, grazie ai suoi rapporti con il mondo politico e in particolare con Giulio Andreotti, sembrava essere quello giusto per creare il solito schema giudizial-giornalistico della presunta “cupola”: ma pm, maggiore della Gdf e giornalista del Manifesto non hanno forse fatto bene i conti con le possibili conseguenze di questo “coup de théâtre”.
In tutta questa vicenda rimane poi sempre nascosto l’elemento base di tutto: i famigerati corsi di formazione che avrebbero avidamente drenato denaro pubblico sono stati in realtà per diversi anni l’occasione per ragazzi in situazione di disagio, il 30% dei quali extracomunitari, di imparare e trovare un lavoro, e di inserirsi quindi in modo pieno nella società. Questo naturalmente non viene mai discusso, e nemmeno indagato.