Dopo una lunga giornata in cui le notizie sul rilascio dei 5 turisti italiani e dei loro 14 accompagnatori si sono susseguite a frettolose smentite, la situazione sul sequestro del gruppo di turisti ad Assuan, nell’ovest dell’Egitto, si è fatta più chiara nella tarda serata di ieri: l’intero gruppo è ancora nelle mani dei rapitori e le trattative per il loro rilascio sono ancora in corso. Anche la Farnesina e il ministero degli Esteri di Berlino hanno fatto sapere che non risulta confermata la notizia dell’avvenuta liberazione.

Gli undici turisti europei – cinque italiani, altrettanti tedeschi e un romeno – e i loro otto accompagnatori egiziani sono stati sequestrati venerdì da un gruppo di uomini armati nella zona del Gilf al Kabir, un altopiano al confine fra Egitto, Libia e Sudan noto per le incisioni preistoriche e come meta di viaggiatori particolarmente avventurosi. Gli italiani sono tutti originari di Torino e provincia: si tratta di Lorella Paganelli di 49 anni, Giovanna Quaglia di 52, Walter Barotto di 68, Mirella De Giuli di 70 e Michele Barrera di 72. Il gruppo era partito da Torino sabato 13 settembre con un volo diretto alla capitale; dal Cairo si era successivamente spostato verso il sud dell’Egitto.

A dare per prima la notizia del presunto rilascio degli ostaggi in Sudan è stata, nel pomeriggio di ieri, l’emittente al Jazeera, che ha delineato due possibili scenari, entrambi convalidati da diverse fonti: quello della liberazione, appunto, e quello di una trattativa ancora in corso fra le autorità egiziane e i rapitori, che avrebbero chiesto un riscatto di circa sei milioni di euro.
Ma la confusione è cresciuta in serata, quando il ministro degli Esteri egiziano, Ahmed Abul Gheit, ha confermato alle Nazioni Unite l’avvenuta liberazione di tutti gli ostaggi.

Dichiarazioni che si sono successivamente rivelate affrettate. E che il Cairo ha smentito due ore dopo. Gli sforzi egiziani per liberare i turisti europei “sono in corso”, ha riferito l’agenzia egiziana semi-ufficiale Mena, che cita un responsabile egiziano.
E poi, ancora: le affermazioni «attribuite al capo della diplomazia, Ahmed Abul Gheit» su tale liberazione «non sono state precise», «la situazione è immutata». E questa volta è stato il ministero degli Esteri egiziano a fare chiarezza, con un comunicato ufficiale. Le trattative «stanno proseguendo», ha aggiunto un portavoce del governo del Cairo nella notte.

Uno scenario confermato poco prima anche da fonti della Farnesina e dal ministero degli Esteri di Berlino. Dalle informazioni in possesso del ministero degli Esteri di Roma, che ha avuto numerosi contatti con le autorità egiziane, non risulta confermata la notizia del rilascio dei cinque connazionali sequestrati in Egitto venerdì con altre quattordici persone, si è appreso dalle fonti diplomatiche italiane.

Alle trattative con i rapitori – 4 o 5 banditi mascherati, forse sudanesi – starebbe prendendo parte con un ruolo di primo piano anche la moglie del titolare dell’agenzia Aegyptus Tours, che ha organizzato il viaggio nel deserto egiziano, anch’egli prigioniero. Si spera in una soluzione rapida, ma la non identificazione dei rapitori rende complesso qualsiasi negoziato.
Per questo sono mobilitate le unità di crisi nelle diverse capitali, e stanno collaborando con gli inquirenti anche i servizi segreti libici e quelli sudanesi, oltre ai tour operator coinvolti. L’area del rapimento, almeno questo sembra ormai definito, è quella di Karkur Talh, a 900 chilometri circa a sud-ovest del Cairo ed è attraversata da numerosi clan tribali che spesso vi arrivano anche dal vicino Ciad.