Impressionante la scia di sangue sulle strade italiane nell’ultimo fine settimana: sei le persone travolte, in sole 18 ore, da autisti sotto effetto di alcol o droga. Di queste tragedie anche la nostra intera comunità è responsabile: per superficialità, disinformazione, scarsa conoscenza degli effetti dell’alcol sul corpo dei giovani, assenza di strategie di prevenzione precoce, indifferenza. Cerchiamo di capire perché.



La superficialità: da anni il Dipartimento di Sicurezza Stradale dell’Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it/stra) presenta dati preoccupanti sulla situazione italiana: se tra gli adulti, dal 1969 ad oggi, si osserva una notevole diminuzione della mortalità per incidente stradale, tra i giovani (15-24 anni) il tasso è rimasto sempre allo stesso livello. Se per incidente stradale si osservano ogni anno circa 7.500 morti e 20.000 invalidi gravi, il gruppo più vulnerabile è costituito dai giovani tra i 15 e i 29 anni, che rappresentano un terzo dei 300.000 soggetti morti dal 1970 ad oggi. E, soprattutto: la guida sotto l’influenza di sostanze psicotrope e alcol è in Italia tra le principali cause degli incidenti stradali e mortali, in particolare tra i giovani. Il Dipartimento, rispetto a queste statistiche, ha espresso sempre un parere molto deciso e attento all’evidenza: chi non guida seguendo comportamenti che garantiscano la sicurezza per sé e per gli altri, mantenendo un atteggiamento antisociale e dannoso, deve essere escluso, come già accade in altri Paesi, dal sistema di circolazione. Questa opinione però, come mostrano le ultime cronache, è stata per ora recepita solo con grande superficialità: basti pensare che nessuna azione di prevenzione ad ampio respiro è seguita alle già inquietanti rilevazioni svolte nel Veneto nell’ultimo weekend dell’agosto 2008 che avevano mostrato come una persona su due si era messa al volante, nella notte tra sabato e domenica, sotto l’effetto di alcol e droga.



La disinformazione: ben poche persone, tra quelle che passano davanti ai gruppi di giovani con la birra in mano fuori dai locali, sanno che in realtà il consumo di alcol nel nostro Paese presenta da almeno dieci anni fenomeni preoccupanti provenienti dal Nord Europa: la diffusione in aumento del consumo precoce di alcolici tra i ragazzi di 11-15 anni (underage drinking), la forte crescita di consumo di alcolici fuori pasto tra gli adolescenti e in particolare tra le ragazze, e l’adozione di modelli di consumo molto rischiosi come il binge drinking in cui si beve una smoderata quantità di alcol con l’intenzione di ubriacarsi pesantemente. Quest’ultima forma di consumo si presenta già tra i 16-17 anni, cresce in intensità tra i 18-19 anni e raggiunge il suo picco tra i 20-24 anni, mantenendosi poi con percentuali elevate almeno fino a oltre i trent’anni: la “mappatura del rischio” proposta dall’Istat dice infatti che i comportamenti inadeguati legati al consumo di alcol, come la guida pericolosa, riguardano i giovani tra i 18 e i 34 anni (L’uso e l’abuso di alcol in Italia 2007 Istat [Leggi qui]).
 
Scarsa conoscenza degli effetti dell’alcol sul corpo dei giovani: ai giovani viene concesso troppo facilmente di bere, benché l’etanolo sia altamente tossico per il loro organismo impreparato all’alcol. L’alcol infatti viene “digerito” dal fegato grazie all’opera di diversi enzimi epatici, tra cui in particolare l’alcoldeidrogenasi. Ben poche persone però sono informate del fatto che il corpo umano non possiede ancora tali enzimi fino circa ai 20-21 anni. Questo significa che l’etanolo, non ridotto in sostanze più tollerabili, circola per maggior tempo, e in maggiore quantità, in modo decisamente nocivo nell’organismo dei più giovani: il cervello, ad esempio, che non termina il suo processo di maturazione fino ai 21 anni, si trova esposto ad un’interferenza che può minare il suo normale sviluppo organico e funzionale. Alla luce di questi aspetti si comprende quanto possa essere devastante il binge drinking in queste fasce d’età: durante un’ubriacatura l’alcol entra nel cervello distruggendo in modo irreversibile, ogni volta, 100.000 neuroni. Altro fatto poco noto: proprio a causa delle differenze di sviluppo del cervello, i giovani riescono a ingerire quantità di alcol ben più abbondanti degli adulti prima di sentirne gli effetti negativi: questo favorisce la tendenza irresponsabile o inconsapevole ad abusi, dietro ai quali però l’etanolo in circolo continua a svolgere la sua azione devastante: la sonnolenza, ad esempio, si può manifestare improvvisamente con serie conseguenze per chi è in viaggio. E ancora: i pericoli dell’abuso di alcol aumentano ulteriormente quando a bere sono le ragazze. Il corpo femminile infatti è più esposto di quello maschile ai danni provocati dall’etanolo: nella ragazza la dotazione enzimatica capace di metabolizzare l’alcol è la metà di quella del ragazzo; inoltre, poiché la donna ha minore massa corporea e minore quantità di liquidi nell’organismo, nel momento in cui beve alcol questa sostanza si diluisce di meno. Ne consegue che: la concentrazione dell’alcol in circolo è maggiore e gli organi del corpo femminile sono intossicati dall’etanolo con danni più severi (cfr. Donna e alcol. Alcol: sei sicura? Il libretto per conoscere e non rischiare, un esauriente opuscolo che le madri possono leggere con le figlie: il libretto può essere scaricato dal sito www.iss.it/ofad/). Ma di questa grave tossicità parlano le tabelle antialcol che verranno esposte da domani nei locali? E di questi rischi sono informati i genitori dei giovani che affollano i nostri bar o le discoteche? E qualcuno ha avvertito le ragazze nelle scuole dei pericoli che corrono quando bevono?



L’assenza di prevenzione precoce: poiché il contatto precoce con tutte le sostanze psicoattive determina un consumo più largo delle stesse nelle età successive, anche l’Unione europea ha espresso grave preoccupazione e ha avviato il Forum Europeo Alcol e Salute [Leggi qui] che ha tra i suoi obiettivi quello di fornire agli Stati membri indicazioni programmatiche per proteggere gli adolescenti dai danni prodotti dall’alcol e dai rischi correlati al suo uso. La lotta contro l’abuso di alcol sta diventando una priorità per la salute a livello europeo soprattutto da quando si è rilevato che l’alcol è la causa di morte di un maschio su quattro nella fascia di età tra i 15-29 anni, e di una giovane donna su dieci. Per questo, tutti i Paesi europei più attenti hanno iniziato a tenerne conto, ma tra i loro nomi il nostro Paese non figura (come del resto accade anche per le altre droghe). In Francia, ad esempio, dopo che l’Università di Nantes ha proibito le happy hours nelle aree circostanti l’istituto, a causa dell’annegamento nella Loira di due studenti che si erano ubriacati, è intervenuto anche il governo con un piano che va ben oltre l’affissione di tabelle nei locali: il piano prevede il divieto di vendita di alcuni superalcolici e l’aumento del prezzo di birre ad alto tasso alcolico nei locali notturni, nonché la proibizione di organizzare momenti di happy hours nei bar, riducendo così le occasioni di binge drinking. In Spagna, invece, è stata lanciata una eccezionale campagna mediatica dal Ministero della Sanità: dopo la decisa manovra contro la cannabis e la cocaina, questo Paese affronta ora l’alcol, con una vasta strategia di prevenzione (http://www.msc.es/alcoholJovenes/home.htm): spot radio e tv, informazioni e opuscoli rivolti in modo specifico agli adolescenti e ai più giovani, ai genitori, che possono scaricare gratuitamente linee guida da utilizzare in famiglia a scopo preventivo, agli educatori e ai professori, che trovano qui materiali didattici e strumenti di lavoro per capire la relazione tra uso di alcol e, ad esempio, comportamenti devianti o violenti dei loro studenti.
   

E in Italia? Indifferenza: l’atteggiamento degli adulti, e della nostra società, è ancora troppo ambivalente e poco chiaro agli occhi degli adolescenti: si dice che l’alcol fa male, ma tutto sommato lo si può reperire con grande facilità, fino ad abusarne liberamente. Non è un caso, infatti, se l’84,3% degli studenti dice di non aver alcun problema nel procurarselo. Anzi: a volte è proprio in casa che gli adolescenti entrano in contatto con l’alcol, accedendo facilmente a lattine o bottiglie di alcolici non adeguatamente custodite: il 71% dei minorenni consuma gli alcolici tra le mura domestiche, secondo un’indagine del Dipartimento delle dipendenze dell’Asl di Varese (maggio 2008). Nel nostro Paese c’è ancora troppa disattenzione, tanto che bastano 16 anni per acquistare gli alcolici, mentre negli altri Paesi europei si tende ormai ad innalzare l’età minima legale ai 18 anni. Ma c’è chi sta già facendo di più: in Scozia il ministro Salmond ha appena proposto l’aumento dell’età legale dai 18 ai 21 anni (come in USA) e nuove disposizioni sui prezzi dei drinks alcolici. L’obiettivo del ministro è ridurre una mortalità giovanile che è raddoppiata negli ultimi 15 anni, rendere più sana la comunità e più sicure le strade (Scotland mulls alcohol ban for under-21s, AFP, 3 settembre 2008 [Leggi qui]).