La prolusione del Cardinal Bagnasco in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Cei ha fatto discutere soprattutto per le dichiarazioni sul tema del testamento biologico. Ma sono molte le tematiche toccate dal presidente della Cei, in un discorso da cui è emersa, secondo il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, una posizione di estrema «tranquillità» ed «equanimità».



Magister, quanto detto dal cardinal Bagnasco sul testamento biologico rappresenta un cambiamento nella posizione della Chiesa: era prevedibile questo mutamento, dopo la sentenza Englaro?

Una svolta c’è stata certamente: fino a qualche mese fa la Chiesa – sia la Conferenza episcopale, sia i laici cattolici impegnati pubblicamente su questi argomenti – sembrava compatta nel respingere qualsiasi ipotesi di appoggio a una legiferazione in questa materia, ritenendola troppo delicata per  essere costretta dentro le maglie di una legge. Invece adesso abbiamo una linea che si discosta da quella di qualche mese fa. La variante naturalmente, come ha fatto ben capire Bagnasco nella sua prolusione, è data dalle sentenze che hanno aperto la strada a un intervento di arresto della vita di un malato grave, addirittura interrompendo quelle che non sono affatto cure, come l’alimentazione e l’idratazione. Questo l’elemento che ha indotto la Cei, nella figura del suo presidente, a ritenere che occorra mettere mano a una legge che blocchi le vie di fuga che si sono aperte con questa sentenza. È dunque accaduto qualcosa, che ha portato a ritenere che sia meno rischioso intervenire in termini legislativi sulla questione.



C’è stato un passaggio nella prolusione di Bagnasco, poco ripreso dai giornali, su «un certo sguardo laico sulla Chiesa» e sulle «parzialità o l’ostinazione di taluni giudizi», rispetto ai quali la Chiesa non sempre ritiene di dover intervenire. Perché questo passaggio, e a cosa si riferiva in particolare Bagnasco?

Anch’io mi sono chiesto se vi fossero riferimenti precisi, che probabilmente ci sono; ma il testo della prolusione non è così chiaro da permettere di dire con certezza quali siano questi interventi. Di sicuro c’è un clima generale, che consiste in una sorta di martellamento abbastanza continuo da parte di voci laiche, sui media e nei libri, che attaccano abbastanza frontalmente la Chiesa. C’è chi si aspetta che ogniqualvolta una di queste voci si esprime la Chiesa nella sua ufficialità debba intervenire. Bagnasco a questo ha detto no, sottolineando il fatto che ci troviamo di fronte a una sorta di ripetitività di questi attacchi, che non hanno, da qualche tempo a questa parte, nulla di particolarmente nuovo e originale. Si vanno ripetendo formule anticristiane un po’ scontate («ossificate», come ha detto Bagnasco), e che non meritano risposte volta per volta.



Qualche esempio concreto si può fare?

Se si vuole esemplificare, non c’è dubbio che l’uscita in serie dei volumi di Corrado Augias, prima Inchiesta su Gesù e oggi Inchiesta sul cristianesimo sono parte di questo attacco; l’ateismo gridato e sicuramente greve di Piergiorgio Odifreddi è un’altra parte di questi attacchi; una certa linea insistente di un quotidiano come Repubblica rientra anch’essa nello stesso ambito. Queste le situazione principali che presumibilmente hanno indotto Bagnasco a fare questa sorta di chiarificazione generale. Un chiarificazione che oltretutto denota alla fin fine una certa tranquillità da parte della Chiesa gerarchica nei confronti di questa offensiva.

Qual è sinteticamente il giudizio sulla situazione politica italiana che emerge dal discorso di Bagnasco?

Direi che è un giudizio molto equilibrato. Non si può ricavare da quello che Bagnasco ha detto che la Chiesa italiana sia oggi in modo ostentato a sostegno dell’attuale governo. Di ciascun problema egli ha delineato, in termini abbastanza generali, che vi sono sia elementi positivi, sia inadempienze. Ma l’ha detto in modo sostanzialmente equanime, senza prendere una posizione né di sostegno né di avversione nei confronto dell’operato dell’attuale governo.

Al termine del Consiglio permanente si attende la nomina del successore di Giuseppe Betori, già segretario della Cei e ora nominato arcivescovo di Firenze: che cosa bisogna attendersi da questa nomina?

La mia lettura dei fatti è che la scelta del segretario della Conferenza episcopale cadrà su una persona che garantisce in partenza al presidente della Cei, per conoscenza e fiducia reciproca, un futuro di lavoro collaborativo molto forte. Non è infatti pensabile che all’interno della Cei il segretario rappresenti una sorta di contro-potere rispetto al potere del presidente. Il cardinal Bagnasco, che è in carica da poco, si sentirà ulteriormente garantito dalla presenza di un segretario di cui ha piena fiducia. I nomi sono stati fatti, e sono abbastanza ricorrenti; a dir la verità ci si può aspettare una sorpresa, perché abbastanza spesso accade così. In ogni caso la procedura per la nomina del segretario della Conferenza episcopale qui in Italia – ed è l’unico caso al mondo – è fatta direttamente dal Papa, su proposta del presidente della Conferenza episcopale, sentito il Consiglio permanente. Ora il Consiglio permanente è riunito, e la presidenza al termine presenterà al Papa una terna di candidati. Il Papa ha la scelta finale, anche se naturalmente saprà bene, anche all’interno della terna, quale sarà il candidato preferito dal presidente.