I casi cinesi di intossicazione da melamina assunta attraverso latte contaminato ripropongono ancora una volta il problema della sicurezza di quanto mangiamo. Sappiamo che tutti, o buona parte, degli alimenti che consumiamo contengono sostanze di origine sintetica che non sono costitutive dell’alimento.

Queste sostanze possono essere state aggiunte volontariamente durante la produzione, come i coloranti, gli additivi, o i conservanti. Altre possono derivare dal trattamento delle piante (residui di pesticidi) o degli animali (residui dei farmaci veterinari), altre essere rilasciate dai contenitori dei cibi. Tutte queste sostanze sono sottoposte a regolamentazione: questo significa che la loro tossicità è stata valutata e le quantità massime da utilizzare o il divieto di utilizzazione sono definiti sulla base della suddetta valutazione. Parte integrante della regolamentazione è anche un sistema di controlli per la verifica del rispetto della normativa: controlli che sono eseguiti da strutture pubbliche sulla base di programmi di monitoraggio. Misure sono anche eseguite, spesso per motivi commerciali legati all’esportazione, da laboratori certificati indipendenti. Quindi, fintanto che il sistema dei controlli funziona, queste sostanze non pongono problemi di sicurezza.



Esistono poi i contaminanti “inevitabili” che si possono aggiungere all’alimento in vari modi, lungo la filiera che va dalla produzione della materia prima al prodotto offerto al consumatore. Possono essere inquinati ubiquitari come le diossine e i PCB (policlorobifenili), o i metalli pesanti quali il cadmio, il mercurio, o il piombo. Questi contaminanti possono derivare da attività industriali, o talora anche da eventi naturali; ad esempio le diossine che si sviluppano dagli incendi boschivi, o i metalli pesanti normali costituenti di alcuni suoli. Anche per queste sostanze esistono delle regolamentazioni, volte a limitarne l’immissione nell’ambiente e di conseguenza anche a ridurre il loro contenuto nei prodotti destinati all’alimentazione umana e animale.



Controlli analitici, talora molto costosi come nel caso delle diossine e dei PCB, sono eseguiti negli alimenti provenienti da aree nelle quali si ritiene che tali contaminanti siano presenti in concentrazioni elevate. È evidente quindi che per quanto riguarda tutti i gruppi di sostanze finora citati è attivo un sistema che, almeno sulla carta, è in grado di assicurare la sicurezza del cibo che mangiamo. Ben diverso è invece il problema posto dall’uso fraudolento di sostanze al fine di modificare le caratteristiche degli alimenti o per produrli a basso costo. In alcuni casi, le quantità di sostanze aggiunte sono tali da non porre direttamente rischi per la salute, anche se possono (debbono) mascherare la cattiva qualità di un alimento, che talora è anche associata a rischi per la salute. Più semplicemente altre sostanze sono aggiunte per modificare l’aspetto di un alimento al fine di renderlo più appetibile al consumatore.



In altri casi, le sostanze, come la melamina, sono aggiunte per rendere commerciabile un prodotto che altrimenti non superebbe i test volti ad accertarne i requisiti minimi per la commercializzazione. Come nel caso del vino al metanolo negli anni ’80 in Italia, anche la melamina è stata aggiunta per simulare un contenuto accettabile di costituenti fondamentali dell’alimento: alcool (etanolo) nel primo caso, proteine nel secondo. Questo si è potuto fare perché i metodi che si utilizzano per le analisi di routine non sempre sono specifici, perché devono essere in grado di misurare in modo facile, rapido ed economico. Generalmente sono misurati traccianti di quanto si vuole davvero determinare. Ad esempio, la melamina è stata aggiunta perché, con i suoi gruppi aminici, “imbroglia” il metodo rapido ed economico per misurare il contenuto proteico: questo metodo infatti misura i gruppi aminici, di cui, nel latte, solo le proteine sono particolarmente ricche.

Metodi che misurano in modo specifico le proteine sono più lunghi e costosi e come tali non utilizzabili per controlli numerosi e ripetuti. Quindi, in condizioni “normali”, la quantità di gruppi aminici determinata è utilizzata come indicatore del contenuto in proteine.La melamina serve quindi a far apparire un contenuto proteico normale in un latte che è stato diluito.

È evidente che in casi come questi siamo disarmati: queste frodi sono scoperte la maggior parte delle volte solo quando causano patologie in seguito al consumo dell’alimento adulterato. Talora, invece, accade che gli addetti ai controlli sospettino la presenza di sostanze illegali: funzionari pubblici esperti e “astuti” hanno scoperto in passato frodi di questo tipo sulla base di indizi che solo la loro esperienza ha saputo valorizzare. È chiaro che il sistema dei controlli a valle spesso, ma non sempre, riesce o riuscirà in un prossimo futuro a difenderci da questi comportamenti delittuosi. Si pone allora il più ampio problema delle cause di queste frodi e del modo per prevenirle.

Forse tutto questo ha soprattutto a che fare con il tipo di società in cui viviamo: la società del profitto ad ogni costo, anche della salute altrui, della quantità a scapito della qualità, ma questo, forse, è un altro discorso.