Caro direttore,
Il presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick ha espresso ieri 12 gennaio durante la cerimonia tenutasi alla Luiss di Roma in occasione del sessantesimo anniversario della Costituzione alcune opinione meritevoli di approfondimento. Riferendosi, tra l’altro, al caso di Eluana Englaro, ha sollecitato il potere legislativo a fornire risposte in tema di “nuovi diritti”, affinché sia evitato il rischio che l’affermazione di tali “nuovi diritti” avvenga “solo per via giurisprudenziale”. Ha auspicato, pertanto, che sia evitato “il rischio di uno squilibrato rapporto tra legislazione e giurisprudenza, una sorta di paralisi del legislatore contrapposta ad un attivismo creativo dei giudici”.
Concordo sul rilievo del presidente Flick circa un dilagante «attivismo creativo dei giudici». Ciò costituisce un’anomalia costituzionale gravissima, che mette in crisi il principio di legalità. Su tale crisi purtroppo la Corte costituzionale non ha colto alcuna occasione utile per pronunciare parole autorevoli. Questa crisi costituisce una vera emergenza democratica.
Quanto, poi, alla denunciata “paralisi” del legislatore, non mi sento di condividere il giudizio del presidente Flick. I campi su cui egli sollecita l’intervento sono di altissimo rilievo etico e costituzionale. È quindi ben giustificata la prudenza finora mantenuta dal legislatore. Peraltro, se è vero, come dice Flick, che non vi sono lacune nella Costituzione, non è affatto detto che vi siano lacune nella legge ordinaria, che va interpretata, come la Corte costituzionale insegna, alla luce della Costituzione. Il diritto alla vita è il primo e più fondamentale dei diritti umani. La Costituzione, allo stesso modo della legge ordinaria, tutela in modo pieno la vita, sì che, al riguardo, non sono necessarie, a stretto rigore, nuove leggi.
Quanto, poi, alla necessità di “nuovi diritti”, sarebbe auspicabile dire le cose con chiarezza. Vi sono richieste di gruppi di persone che sollecitano il riconoscimento giuridico di aspirazioni soggettivistiche che non sono “diritti”. Allora: se il presidente Flick non può, in relazione al suo alto incarico, pronunciarsi nel merito su quali aspirazioni siano “diritti”, e quali “diritti” non siano, sarebbe meglio che non creasse nemmeno l’attesa pubblica circa il riconoscimento futuro di una serie indeterminata e vaga di “nuovi diritti”, tra i quali alcuni gruppi annoverano, per esempio il «diritto» al suicidio, o il «diritto» all’assistenza al suicidio. È molto triste che, in un momento come l’attuale, in cui il diritto alla vita è messo in grave pericolo, non giungano all’opinione pubblica parole ferme in sua difesa.
Prof. Mauro Ronco