Chi si intende di cose religiose sa che in questo periodo la Chiesa ha celebrato la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Chi è digiuno di questi argomenti non sa forse con precisione di che cosa si tratti. In sostanza: i cattolici da decenni si fanno promotori di unità con le varie confessioni cristiane (battisti, luterani, ortodossi, anglicani, e chi più ne ha più ne metta). Si prega per più di una settimana perché scismi, divisioni e altre lacerazioni dell’unica Chiesa vengano composte in unità. Una nobile causa, non c’è che dire. Un solo ovile, un solo pastore: sono parole di Cristo.



Attenzione però a non confondere: l’unità dei cristiani non è l’unificazione con altre religioni: buddismo, ebraismo, islamismo e quant’altro la fantasia e la storia umane ci offrono. Questo è, tecnicamente parlando, l’ecumenismo: altra cosa per la quale, peraltro, l’impegno dei cattolici è noto.



Sia l’unità dei cristiani sia l’ecumenismo sono temi attuali e scottanti. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono esempi lampanti di impegno costante e tenace in questo senso, con disponibilità e pazienza. Chi conosce la storia delle religioni del nostro tempo sa che con questi Papi sono stati fatti, rispetto al passato, veri passi da gigante.

Quest’anno ricorrono anche, proprio il 25 gennaio, alla conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, i cinquant’anni dalla indizione del Concilio Vaticano II da parte di Giovanni XXIII. Insomma, eventi e celebrazioni si accavallano mostrando come la Chiesa ed il mondo camminano.



La sorpresa è che c’è stato anche un grande e concreto passo in avanti. I cosiddetti lefebvriani, cioè i cattolici tradizionalisti che si oppongono alla moderna liturgia e a certe applicazioni del Concilio Vaticano II, non sono più guidati da vescovi scomunicati, bensì da vescovi perdonati e riaccolti in seno alla cattolicità. Sì, perché la scomunica scattata automaticamente nel 1988 riguardava soltanto quei (pochi) vescovi che avevano celebrato o ricevuto l’ordinazione episcopale senza essere in comunione con il Papa Giovanni Paolo II. Preti e fedeli non sono mai stati scomunicati, questo va ricordato.

Dunque un dono da parte del Papa Benedetto, ma anche una conquista dei fedeli tradizionalisti, che al suono di un milione e settecentomila rosari alla Madonna hanno ottenuto la grazia del perdono dal Vaticano. Il Papa si è mosso perché è stata formulata precisa supplica di perdono e riammissione. Certamente resta ancora molto cammino da fare, restano delusioni da sanare e incomprensioni da chiarire, ma la strada del dialogo, che il coltissimo Benedetto XVI sta portando avanti con tutti nonostante le difficoltà – basti citare laici, musulmani ed ebrei – non permette stasi e ritardi.

Né permette deviazioni estemporanee. Non so bene che cosa sia successo nella mente di quel vescovo che, invece di esultare perché non più scomunicato (i cattolici credono alla scomunica, figuriamoci i tradizionalisti), si è dato al negazionismo. La qual cosa, se è sempre assurda e fuori luogo, lo era certamente in un momento delicato come questo. Che poi certi personaggi televisivi italiani e certi esponenti del mondo ebraico si siano messi a gridare al papa antiebraico e alla Chiesa persecutrice, è cosa da far ridere i polli. Ma come sempre, la calunnia è un venticello….

Il Superiore stesso dei lefebvriani, persona notoriamente politically non correct, si è affrettato a prendere le distanze dalle affermazioni del suo confratello negazionista e gli ha imposto il silenzio sull’argomento. Insomma, le cose umane sono difficili e i terreni minati sono tanti e restano tali. Nostro compito di esseri pensanti è cercare notizie autentiche e ricostruire la verità dei fatti e delle posizioni. Buon lavoro a chi ci sta.

Comunque, la Chiesa gode di ritrovata pace e gioisce per la riammissione di alcuni suoi figli. I lefebvriani sono sulla buona strada, ora aspettiamo segni di altrettanto desiderio di ritorno da parte degli altri cristiani. I primi in classifica sono gli anglicani, che sono ancora divisi dalla Chiesa per antica scelta di Enrico VIII e ora potrebbero sanare la ferita ritornando a casa. Poi i vari ortodossi (copti, russi, armeni, rumeni…), che sono divisi da Roma solo a livello disciplinare. Sarà certo più dura con i seguaci dei vari riformatori (Lutero, Calvino e altri pensatori), che alla divisione antiromana uniscono vere e proprie divergenze dottrinali e sacramentali.

Chi vivrà vedrà. Passo dopo passo, i fedeli di Cristo ricorderanno quelle sue parole rivolte ad un certo Simon Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa» e toglieranno pietre e pietruzze d’inciampo messe per strada dagli uomini o – per chi crede – dal Maligno.