Tram bloccati, traffico in tilt e molte chiacchiere in aggiunta. Il nord Italia diviene candido sotto un’ampia coltre di neve proprio in un periodo storico in cui si predica il surriscaldamento globale e l’allarme per l’effetto serra. Cosa rispondono gli scienziati? Fra catastrofisti e anticatastrofisti molta confusione e poche certezze.
Professor Mariani, come commenta questa grande nevicata che ha imbiancato il Nord Italia? È qualcosa di eccezionale o siamo piuttosto propensi a ingigantire fenomeni di questo tipo?
Comincerei col dire che in un fenomeno del genere non ravviso particolari caratteri di eccezionalità. Ho eseguito misure sui livelli di Milano: siamo intorno ai 30 centimetri di neve. Questa entità, sebbene piuttosto elevata, non è certo qualcosa che si verifichi una volta al secolo. Pochi anni fa raggiungemmo lo stesso livello. A fronte di ciò città come Milano o Torino non possono permettersi di dichiararsi “impreparate”. Questo tipo di fenomeni fanno infatti parte della normalità climatica. È inconcepibile dunque che si creino disagi ai treni o ai mezzi pubblici. Sicuramente la reazioni è stata migliore rispetto a quando, qualche anno fa, l’aeroporto di Malpensa chiuse a causa di soli 15 centimetri di neve.
Quindi spesso si scivola in atteggiamenti di allarmismo ingiustificato?
Assolutamente. È proprio il caso di dire “allarmismo ingiustificato”. Prima di andare a dire che si è di fronte a fenomeni anomali, si deve tener conto del fatto che noi viviamo in una zona dove si sviluppano condizioni che sono conseguenza della fisiologia del clima globale. Ciò che determina il nostro clima è il continuo contrasto fra masse d’aria subtropicali e masse d’aria artiche, aria calda e aria fredda. Il pianeta riequilibra gli scompensi energetici a questo modo, quindi dobbiamo farcene una ragione. Tale andamento si chiama tecnicamente “fisiologia del clima alle medie latitudini”. Se non è di nostro gradimento possiamo andare ai Tropici o in Alaska. Se invece ci ostiniamo a vivere in Italia dobbiamo prendere atto di questo tipo di mutamenti, tutto qui. Personalmente aggiungo che questi cambiamenti rendono piuttosto piacevole il nostro clima.
A proposito di catastrofismi. Lo scorso 11 dicembre, 650 scienziati hanno presentato al senato americano un dossier di 231 sul “global warming”, in cui si denuncia il diffuso catastrofismo in merito al surriscaldamento del globo terrestre. Qual è la sua opinione in merito?
Io ripeto sempre che occorre rifarsi solo ai dati registrati. Non sono d’accordo con chi sostiene ciecamente che le attività umane non stiano incidendo sul clima, ma ancor meno sono contrario ai catastrofismi.
Questo significa prendere misure oggettive e non solo creare modelli teorici. Sono per un approccio prudente e non sopporto il concetto di spaventare la gente a priori. Il dramma è che molti ragionano sui finanziamenti e non più sulla scienza. Se le persone sono spaventate è più facile che finanzino i progetti di ricerca ecologica. Suggerisco un libro dal titolo Ballando nudi nel campo della mente di Kary Mullis, premio nobel per la biochimica. In questo volume lo scienziato denuncia una mole impressionante di progetti finanziati facendo leva sulla paura delle persone.
Il professor Franco Prodi richiama alla calma invitando a “smettere di agitarsi per ogni cambiamento meteorologico” mentre Guido Visconti è un po’ più duro con i 650 scienziati definendoli “perfetti sconosciuti”.
Sono d’accordo con il professor Franco Prodi. Guido Visconti invece, ha troppo spesso, a mio avviso, abbracciato le correnti catastrofistiche, come quando ad esempio condannò uno scienziato di tutto rispetto come Richard Lindzen, docente di fisica dell’atmosfera presso il MIT, sostenendo che fosse finanziato dai petrolieri. A prescindere da chi finanzia Lindzen, i suoi studi sono realistici, ben argomentati e pubblicati dalle maggiori riviste scientifiche. Non vedo nessuna tendenza a favorire alcun petroliere in quello che egli scrive e dichiara.
Prodi è invece più saggio ed equilibrato nel suo giudizio. È vero, la temperatura terrestre si è alzata di un grado, anzi neanche: 0,5/0,7 gradi in un secolo. Ma i sistemi di misurazione sono abbastanza instabili in un ambiente come quello atmosferico. Quello che sostengo io è che tale dato non rischia affatto di mandare in crisi il mondo. La comunità internazionale dovrebbe invece cominciare a ragionare sulla gestione delle risorse idriche. Questa sì che presenta diversi problemi.
Da un lato si dice che per colpa l’effetto serra si va verso il riscaldamento globale, dall’altro, per motivi astronomici ed epocali, che ci si avvicina a un periodo di glaciazione. È possibile che la compresenza di entrambi gli effetti sia provvidenziale e mantenga un equilibrio sul nostro pianeta?
Potrebbe anche darsi, ma in realtà non lo sanno né i catastrofisti né gli anticatastrofisti. Questa domanda, sebbene affascinante, non può pretendere una risposta realistica. Quando si fanno delle previsioni nell’ordine dei cent’anni mediante modelli, si finisce per compiere delle operazioni che si chiamano “parametrizzazioni”; interessanti, ma troppo “soggettive”. Per ogni modello c’è una serie di parametri e pesi che sono, tutto sommato, arbitrari. Ciascun modello cambia in misura essenziale a seconda di questi parametri. In tal senso basta la determinata convinzione dello scienziato che li formula, persuaso dell’incidenza o meno di un determinato elemento, e le previsioni differiscono diametralmente le une dalle altre. È la realtà poi a imporsi e, molto spesso, si è dimostrato che parecchie profezie di sventura erano davvero ridicole.
Ad esempio?
La situazione in cui versavano le teorie climatologiche all’inizio della mia carriera era sbilanciata in senso del tutto opposto a quella attuale. Ricordo schiere di scienziati che intendevano “annerire” le calotte polari con polvere di carbone per scongiurare il rischio di un’era glaciale. In poche parole si va per mode.
Il clima non può essere visto e giudicato a seconda del variare da un giorno all’altro né tantomeno su modelli totalmente teorici. Occorre invece avere pazienza, misurare giorno per giorno e basarsi sulla statistica la quale fornisce informazioni molto più serie come, ad esempio, il fatto che una nevicata simile a quella attuale nella zona di Milano si verifica circa una volta ogni sette anni.
La climatologia è basata su misure che vengono effettuate da 50 anni.
Potrebbe invece meglio spiegarci che cosa intende per rischio di “soggettività” di un modello?
Tutti pensano che l’effetto serra sia provocato dall’anidride carbonica, e in parte è vero. Pochi però parlano di quell’elemento che fa la parte del leone, ossia del vapore acqueo. La CO2 rappresenta soltanto il 14% del “lavoro” che provoca l’effetto serra, il quale peraltro, occorre ricordarlo, è un effetto benefico perché consente la vita sul nostro pianeta. Quello che temiamo infatti è un’ “esagerazione” di tale effetto. Ebbene, molti scienziati danno per scontato che un aumento di CO2 si ripercuota sul vapore acqueo. Tale reazione non è per nulla dimostrabile. Si capisce che impostare un modello su simili presupposti sia quanto meno fuorviante per una corretta previsione.
Io non mi sento di poter dire che questi scienziati abbiano torto, ma che ci sia una certa facilità, soprattutto da parte dei media, a far passare solo una versione dei fatti è fuor di dubbio.
A che pro secondo lei?
Io sollecito spesso i miei amici economisti a fare qualche conto su quanto ci costa la moda catastrofista. Quest’ultima non è altro, secondo me, che l’ennesima fonte di speculazioni. C’è chi specula sulla crisi, chi sull’angoscia dell’esaurimento dei carburanti fossili e chi, allo stesso modo, sulle leggende relative al clima del nostro pianeta.