Cresce l’attesa per le decisioni della Clinica Città di Udine e della Regione Friuli nei riguardi di Eluana Englaro. Dopo l’atto di indirizzo del ministro del Welfare Maurizio Sacconi che ha indotto la direzione della clinica a richiamare l’ambulanza che era già pronta a recarsi alla Clinica lecchese dove la donna ha trascorso gli ultimi 17 anni della sua vita, è seguito un periodo di riflessione e il silenzio calato sulla vicenda è stato interrotto da indiscrezioni, voci e dichiarazioni sulle “contromosse” legali della famiglia Englaro. Ilsussidiario.net ha chiesto all’avvocato Alberto Gambino un commento alle ipotesi che hanno trovato maggior spazio sui giornali
Professor Gambino, leggiamo che i legali della famiglia Englaro starebbero valutando l’ipotesi di rivolgersi alla forza pubblica per “accompagnare Eluana nell’ultimo viaggio”. Come commenta questa ipotesi, le sembra realistica?
Se fosse vero, significherebbe chiedere alla forza pubblica di partecipare alla commissione di un reato, il reato di omicidio del consenziente. Infatti il decreto della Corte d’Appello di Milano autorizza soltanto il tutore a distaccare il sondino di alimentazione, solo per lui vale l’esimente della non punibilità rispetto ad un atto che per altri configurerebbe un reato. La responsabilità penale è infatti personale e così anche le cause di non punibilità.
Il fatto che la sentenza della Corte d’appello non abbia carattere vincolante come si concilierebbe con questo scenario?
Infatti non si concilia, non si può tecnicamente trasformare un decreto di autorizzazione, che non obbliga nessuno, ma dà facoltà al solo tutore di staccare il sondino, in una sentenza di condanna che, invece, obbligherebbe ad eseguire il distacco. La procedura seguita, che comunque ritengo sbagliata, è chiarissima: le autorizzazioni non sono eseguibili coattivamente, ma legittimano qualcuno a porre in essere un dato comportamento, che altrimenti sarebbe illegale.
Le sembra che ci sia un cambiamento di strategia da parte dei legali della famiglia Englaro? Uno spostamento dal diritto privato a quello pubblico?
Certamente si vorrebbe che il decreto, che si inserisce in un procedimento di volontaria giurisdizione che riguarda interessi privati, producesse anche effetti pubblici coinvolgendo le istituzioni, nelle sue articolazioni di strutture sanitarie pubbliche, di autorità regionali ed ora anche di forze di ordine pubblico. Ma un decreto di un giudice civile non ha questa efficacia giuridica espansiva. Ripeto: il decreto rileva soltanto quale autorizzazione affinché qualcuno possa fare qualcosa che altrimenti sarebbe vietato.
Non le sembra paradossale minacciare il ricorso al ricovero coatto non per curare un paziente, ma per provocarne la morte?
Certamente sarebbe una minaccia paradossale, e ciò conferma la correttezza dell’Atto di indirizzo del Ministro della Salute che ha escluso che nelle strutture sanitarie si possano attuare trattamenti che non curano i pazienti ma sono diretti a provocarne la morte, come il caso dell’interruzione dell’alimentazione.
Da un punto di vista giuridico se la regione Friuli avallasse la posizione della clinica che ripercussioni avrebbe sulla possibilità di introdurre l’eutanasia in Italia? Quali potrebbero essere le conseguenze di un atto in palese contrasto con il recente e ormai famoso atto di indirizzo del ministero del Welfare?
Se la regione Friuli avallasse una struttura sanitaria, che anziché curare i malati ne determina la morte, si introdurrebbe in quella Regione una prassi di pratiche di abbandono terapeutico, se non di vera e propria eutanasia. Sarebbe un comportamento in violazione dell’Atto di indirizzo del Ministro della Salute, cui spetta per Costituzione il compito di garantire con omogeneità su tutto il territorio italiano che sia attuato l’interesse collettivo alla salute. Sarebbe una violazione con gravi conseguenze nel rapporto tra Stato e Regione, ma anche probabilmente con conseguenze civili e penali, in quanto l’ente regionale comparteciperebbe ad un’attività – l’interruzione di una vita umana – rispetto alla quale una struttura sanitaria non è legittimata ad operare.
Che novità porta la notizia che Eluana può deglutire, visto che l’intero l’impianto giuridico della sentenza si basa sul fatto che si nutra esclusivamente con il sondino?
E’ una novità che ribalta completamente il verdetto dei giudici dove si dà per scontato che il distacco del sondino naso-gastrico porterebbe inesorabilmente alla morte del paziente. Invece, se rimane la possibilità di alimentare manualmente il paziente è dovere morale e giuridico farlo, altrimenti si perpetrerebbe un omicidio per condotta omissiva che il decreto della Corte d’Appello di Milano in questo caso non autorizza affatto, neanche con riferimento al tutore.