Che cosa ha affascinato i tanti giovani che nei modi più svariati hanno incontrato don Giorgio Pontiggia? Che cosa li ha colpiti fino a muoverne la libertà? Certo la sua capacità di andare sempre al cuore di ogni questione che gli venisse posta, certo il suo sguardo intenso, vibrante, capace di abbracciare chiunque, certo la sua sfida, una sfida a cercare tutto nella vita, a prendere sul serio le proprie esigenze fondamentali e ad andarvi fino in fondo. Chiunque lo avesse incontrato non poteva non essere affascinato, tanto era grande la sua umanità, ma ciò che muoveva era ciò che muoveva lui stesso, il Mistero che lo aveva preso per una promessa di umanità piena. Per questo don Giorgio Pontiggia sfidava chiunque incontrava, perché lui stesso era stato sfidato da Cristo a non fermare il suo desiderio di felicità ad un certo punto del percorso, ma a portarlo fino al punto estremo, fino all’esperienza di quell’impossibile corrispondenza che lo compie, che fa gustare pienamente la vita. Chi ha incontrato don Giorgio Pontiggia ha incontrato un uomo che non gli ha trasmesso qualche buona istruzione per l’uso o qualche idea interessante sulla vita, ma che lo ha lanciato a mettere in gioco tutta la sua libertà nel riconoscere il volto del Mistero. E la posta in gioco don Giorgio l’ha sempre avuta chiara, è quella per cui ha deciso di dire sì a Cristo, è il centuplo quaggiù e la vita eterna di cui oggi sta facendo esperienza.
Gianni Mereghetti
Le lettere di alcuni studenti e insegnanti che lo hanno incontrato sono la testimonianza più commovente di chi sia don Giorgio Pontiggia e di come la sua forza e genialità educativa abbiano poggiato totalmente nel suo rapporto con Cristo.
Il messaggio di Carron descrive alla perfezione tutto ciò che don Giorgio è stato per me. Negli anni del liceo è stato propriamente un padre, fin da quando nei giorni dei colloqui per entrare al liceo scientifico mi abbracciò e mi disse: «Prega la Madonna perché ti conceda la grazia di entrare qua dentro». La grazia mi è stata concessa ed ho potuto sperimentare la passione di cui parla don Carron. Avere un padre, che ogni mattina ti saluta quando entri a scuola oppure non ti guarda nemmeno le volte che ha letto le tue note disciplinari, è stata una grande possibilità di crescita. Numerosi i suoi richiami durante le vacanzine di gs come quando dopo una serata, a suo parere, non andata benissimo, si arrabbiò proprio tanto con me ed un mio caro amico: lì per lì ci sono rimasto male e basta, ma ripensando alle parole che mi aveva detto richiamandomi, capii quanto bene mi voleva e quanto ci tenesse che io andassi a fondo di tutto quello che facevo, dalle amicizie alla serata della vacanzina, senza fermarmi alla superficie o facendo male le cose. Sembra una cosa banale, ma questo è sicuramente l’insegnamento più importante che don Giorgio mi ha dato: non parole o sentimentalismi, ma una passione per la vita. Finito il liceo, abbiamo cominciato a vederci di meno, ma quel paio di volte che sono andato a trovarlo e quelle due cene con i miei amici e lui sono state fondamentali anche per l’università: quando si stava con lui, soprattutto dopo che non ci si vedeva da un po’, era come prendere una boccata d’aria. Si era di fronte ad un’umanità diversa che non si poteva non seguire. Spesso ripeteva: «voi siete più attaccati a me piuttosto che a Ciò che io porto». Adesso che se ne è andato, la lacerazione del distacco c’è, ed è innegabile, ma la certezza di aver visto e sperimentato Ciò che lui ha portato è presente.
Marco
Oggi pomeriggio sono tornata a casa dall’oratorio e ho visto mia mamma. Io avevo scoperto che il caro nostro amico don Giorgio era morto e non glielo avevo ancora detto. Entrata in casa non mi sono neanche tolta le scarpe e sono andata in camera di mia mamma: l’ho trovata rivolta verso la finestra che guardava fuori. Che vedeva fuori perché avevo capito che non stava guardando qualcosa ma aveva la mente rivolta a don Giorgio e i suoi pensieri erano chiaramente rivolti a lui ed alle loro esperienze insieme. Quando mia mamma mi ha visto entrare mi ha guardata. Io mi sono avvicinata a lei che è stata ferma ed impassibile fino a quando non c’è stato quel momento: il momento in cui l’ho stretta tra le braccia, il momento in cui è uscito, è andato,è venuto fuori, è sbottato il pianto liberatorio che le rodeva il cuore e tutto il di dentro. Siamo state lì, zitte, a sentire i singhiozzi che scandivano il tempo. Volevamo che quell’attimo potesse essere infinito, ma non lo era. Volevamo non riprendere più la nostra vita quotidiana e occupata da qualsiasi cosa che non ci possa far pensare e fermarci un attimo. Volevamo, stavamo chiedendo, tutte e due, in silenzio, di fare una foto di quell’attimo, e di cancellare tutto il resto, che in quel momento ci opprimeva e ci schiacciava. Ad un certo punto mi sono ricordata del regalo che abbiamo fatto a don Giorgio oggi a scuola e mi sono venute in mente le parole di Nembrini: «Don Giorgio ha di fianco il Signore e la Madonna che lo stanno accogliendo». Mentre stavo abbracciando e stringevo al petto mia mamma mi sentivo che dovevo dire quelle parole, ero sicura che erano le parole giuste ma non trovavo la forza di dirlo. Non trovavo il modo di dirlo, lo stavo cercando dentro di me da diversi secondi, dopodiché l’ho detto e mia mamma mi ha detto «sì». Un’unica semplice parola “sì”, non ci vuole tanto per dirlo, eppure sono così poche le volte che la si sente dire dalla gente. Spero che con questo dono che mi hanno fatto il Signore e don Giorgio mi riesca a dirlo più frequentemente, nel modo giusto al momento giusto.
Susanna Belletti 3 media
Sono una ex alunna del liceo Sacro Cuore e mi trovo ora a Perth, Western Australia, per svolgere insieme a due altre amiche un periodo di studi legato alla nostra università. Stamattina, dopo aver saputo della morte di Don Giorgio abbiamo deciso di andare alla messa della piccola cappellina della nostra università dove i posti per seguire la messa non sono più di quattro. Quando il prete è entrato per dire la messa si è molto sorpreso di trovare nella cappella ben tre ragazze oltre l’unica fedele che partecipa tutti i giorni all’eucarestia. Gli abbiamo chiesto, quindi, di celebrare la messa in suffragio di Don Giorgio e così lui ci ha domandato di raccontargli chi fosse questo uomo. Il giudizio che è venuto fuori da questa breve chiacchierata è che Don Giorgio è stato per noi la prima modalità di incontro con la proposta cristiana e di come lui ci abbia sempre accompagnato e sostenuto in tutti questi anni, soprattutto nei momenti più difficili, continuando a richiamarci al fatto che la nostra vita è abbracciata tutti i giorni e che quello che ci veniva chiesto era di stare nella realtà.
Questo è ciò che Don Giorgio ci ha testimoniato e gli siamo grati per non averci mai risparmiato la domanda: ma tu cosa desideri?
Ci uniamo con la preghiera a tutta la comunità del movimento che domani celebrerà il funerale di Don Giorgio, certe che lui ora più che mai continuerà ad accompagnarci nella grande strada che lui per primo con tutta la sua vita ci ha indicato.
grazie.
Lucia Rovetta
In questi ultimi due anni ho avuto la fortuna di conoscere e di approfondire una grande amicizia con Don Giorgio. Lui mi è sempre stato accanto in ogni mia fatica, in ogni circostanza che vivevo spingendomi sempre a dare un giudizio alle cose perché solo così avrei potuto rendere veramente mia quella circostanza.
Quando ieri pomeriggio sono venuta a sapere della sua scomparsa sono caduta in un pianto disperato, ero arrabbiata percé mi sembrava che Dio mi avesse strappato il don Giorgio, avevo bisogno del suo aiuto, delle sue sfuriate che poi mi rimettevano sempre in pista.
Proprio ieri mattina andando a scuola i professori di latino e matematica mi hanno ridato le verifiche in cui ho preso ben due 4. In quel momento avrei voluto andare dal “vecchio” perché ero semplicemente sconfortata ma poi mi venne in mente che era in coma, e due ore dopo mi arriva la notizia.
Dopo il pianto disperato ho un flash, la sua faccia che mi guarda col suo sorriso, dandomi della “vispa Teresa” , facendomi capire che era stupido piangere così, lui stava raggiungendo finalmente i sui amici: Gesù, il don Giuss e tutti i suoi ragazzi morti prematuramente.
Mi sono rasserenata e ho cominciato a studiare con i miei amici, in quel momento mi sono ricordata tutto quello che mi diceva sullo studio, di come riuscire a studiare affinchè quel momento non sia perso; io sono sempre stata una ragazza che si agitava facilmente soprattutto per la scuola. Don Giorgio mi ripeteva sempre che anche in quella circostanza ero chiamata ad affermare la presenza di Cristo a prescindere dall’esito scolastico perchè non è quello che mi determina. Al ricordo delle sue parole mi sono accorta che se tutto quello che ho vissuto con lui e imparato da lui a partire dalla Fede che aveva, era vero fino a pochi giorni fa, allora lo deve essere anche ora, anzi soprattutto ora!
Sono lieta, se prima lo potevo cercare e incontrare solo in determinati momenti ora è una presenza che posso cercare e che mi accompagnerà sempre, è un Mistero che non posso capire ma piano piano accetto nelle circostanze della mia vita.
La mia preghiera è quella di poter avere almeno un briciolo di fede che aveva il don Giorgio, quella certezza in ciò che viveva che mi ha sempre sconvolta e che mi spingeva a seguirlo.
Francesca Ponzo
Un grande amico è stato per me il don Giorgio. Mi ha lasciato un patrimonio immenso, i tre anni di amicizia con lui mi hanno insegnato tantissimo e mi hanno fatto diventare quella che sono. Davvero posso dire di aver imparato tutto da lui, dalle piccole cose a quelle più grandi. Il don Giorgio era sempre attento a ogni piccolo particolare. Ricordo benissimo la sua faccia arrabbiata quando l’anno scorso, il 23 dicembre, ero con lui e altri amici a cena, e si era arrabbiato perché avevo portato poco da mangiare. Oppure il primo anno che sono stata a Onno, mi aveva comprato un cavatappi speciale, perché con quello normale non riuscivo ad aprirgli le bottiglie di vino. O ancora nel gennaio scorso, quando eravamo al lago per studiare, ci aveva insegnato a cucinare le castagne sul fuoco, nel camino. Da una persona così non mi sono più voluta staccare, aveva un gusto per tutte i particolari della realtà che non avevo mai visto in nessuno, un atteggiamento tantissime volte aggressivo, un carattere molto forte, e un grande carisma che mi rendevano evidente che era lui “quell’umanità diversa”, da cui potevo solo imparare tanto, persino a pettinarmi i capelli alla mattina. Cose semplici ho imparato da lui, cose semplicissime ho vissuto con lui. L’apparecchiare la tavola, con lui attento a tutti i particolari, il ghiaccio nelle brocche dell’acqua, il grana al suo posto sulla tavola, i letti benfatti nelle camere. Mi ha insegnato il gusto di vivere le cose come nessuno mi aveva mai fatto vedere, e mi ha voluto bene come non mi sono mai sentita voluta bene. Le sue attenzioni al mio andamento scolastico arrivavano fino a farmi un programma di studio settimanale nel quale ogni giorno avrei studiato con una persona diversa. Poi ci sono state le gite in barca, non voleva che facessi i tuffi e allora mi teneva d’occhio mentre facevo il bagno nel lago ma con una mano sempre appoggiata alla barca, perché non mi facessi male. Lui era per me un aiuto per giudicare tutto ciò che facevo: dalle litigate con i miei genitori, alle “litigate” con i libri di scuola. Niente era una scemata per lui, tutto era importante, tutto valeva, tutto era possibilità di conoscere Gesù all’opera. Mi lascia un patrimonio immenso. Mi è chiesta una grande fatica adesso che non c’è più, che non lo posso più vedere alla mattina o non lo posso più chiamare al cellulare, ma sono grata a Gesù di avermelo fatto incontrare, di avermelo messo sulla strada, perché per me il rapporto con lui non è stata un’illusione, è stato vero tutto quello che ho vissuto con lui. E adesso che non lo vedo più, ho bene in mente la sua faccia con il sigaro eterno in bocca che mi dice: “chi dava a voi tanta giocondità è per tutto, e non turba mai la gioia dei suoi figli se non per preparane loro una più certa e più grande”.
Maddalena Mariani
Grazie don Giorgio!
Già da questo ringraziamento mi viene da immedesimarmi in ciò che mi avresti detto:«Non ringraziare me, ma Dio!»
Che grande regalo mi ha fatto Gesù nel poterti accompagnare fin negli ultimi respiri attraverso i quali ci hai trasmesso la tua instancabile voglia di vivere. Ma una voglia di vivere che sprigionava tutta la tua passione e dedizione a costruire il Regno di Dio, perché s’incrementasse nella forma che tu hai amato nella Chiesa, il movimento.
Che tenerezza quando ci hai chiamati perché volevi essere pronto per dare inizio al nuovo gruppetto di ragazzi, hai voluto scegliere i nomi, avevi sottolineato il tuo libro, che avevi dimenticato ad Onno e tutte le telefonate si concludevano:"Stai pronta!"
Tu sicuramente eri pronto,ma perché volevi esserlo ogni giorno,anche quando in uno degli ultimi dialoghi eri tutto desideroso di incontrare i medici perché ti chiarissero la tua situazione dicendomi: «Io voglio sapere come sto perché oggi la realtà non la conosco,ma siccome la realtà è abitata dal Mistero anche oggi stando a letto la voglio imparare».
Oppure uno degli ultimi martedi che insistevi che la Marisa ti portasse dal parrucchiere perché avevi il consiglio di presidenza e anche lì volevi essere a posto: Pronto per il Tuo Signore!
Desidero imparare la tua obbedienza,la tua disponibilità sempre totale al Mistero buono che fa tutte le cose,perché adesso che non sei più visibilmente tra noi, possa accadere la tua ultima raccomandazione: «Occorre che riaccada non COME è accaduto ma Quello che è accaduto, l’impatto con una diversità umana in cui l’avvenimento si rinnovi».
Accompagna me e tutti i tuoi amici ora ancor più di prima, perché ogni giorno possiamo essere mossi dalla tua inesorabile passione per Cristo!!La tua CRIS!!!!
Cristina, un’insegnante
Numerose sono le lettere giunte e che continuano a giungere per la morte di don Giorgio Pontiggia. Anche una poesia è arrivata alla nostra redazione da un anonimo studente dal piglio vagamente "leopardiano" e dal cuore commosso di gratitudine. Ve la presentiamo:
Spirto gentil,
Or tu giaci immobile de la morte invinto.
Già sereno riposi,
Infra le celesti beate schiere;
A che pro dunque tal viver nostro
Sempre affannandosi
Quasi
Senza un interrogativo risposto?
Cos’è la vita?
Forse la tomba dell’umana speme.
A che allor passate gioie, allegrie
Dispiaceri e tutte l’altre umane passion?
Or osservo un cadavere gelato:
Natura mi trae
All’assoluta disperazion
Ma pur il cuore ruggisce nel petto
Feroce ed incessante,
Dal nulla salvando tal nostra vita:
Colui cui dedicasti l’esistenza
Chiave è di salvezza,
Risposta ultima del fremente cor.
Egli stesso che ci dona la vita
A sé ci riconvoca
Quando ora è scritta nel divin disegno.
Smorfie, grinta, burberìa perfino:
Tutto in te parlava,
Raccontava la Bellezza
Incontrata,
Amata,
Invenita nell’esser seguace del Cristo,
Eterno nostro Amante,
Inesauribil fonte di gaudio nostro.
Forse
Come tu c’insegni
è questa la nostra vita: arder
Per ciò che il cor ci riempie,
Ultimamente Umani.