Diciasette morti in pochi giorni. Sembrano dati piuttosto inquietanti, soprattutto se la causa è il virus più famigerato del momento, l’H1N1, l’influenza A o per chi preferisce la “febbre suina”. Ma il virologo Fabrizio Pregliasco smorza i toni: il virus è come una qualsiasi influenza
Dottor Pregliasco, come commenta queste notizie di morte per febbre suina che si stanno diffondendo?
Cosa posso dire? I numeri messi in circolo spaventano perché si parla di esseri umani, perché si mettono in giro le loro facce. Una giusta e umana compassione, ma non riesco a capire perché allora non si faccia altrettanto con l’influenza normale per la quale invece si parla solo in termini di statistiche.
Perché? L’influenza causa lo stesso numero di decessi?
Altroché, si sappia che 17 persone morte in un breve periodo di tempo per virus influenzali rientrano tranquillamente nelle statistiche del Paese. Ma comunque si tratta di percentuali ridicole, siamo intorno allo 0.4 per mille. E l’influenza A non fa eccezione. Se la fa è soltanto perché in un certo senso è “nuova” e quindi si diffonde il doppio di un’epidemia stagionale normale. Al massimo le statistiche si raddoppiano, ma anche moltiplicare per due uno 0.4 per mille non è un dato particolarmente minaccioso.
Qualcuno dice che le vittime sono state contagiate da una forma mutata del virus
Non è vero, il virus non è per nulla mutato, è sempre lo stesso. Continua ad essere una malattia non letale nella stragrande maggioranza dei casi. Tutt’al più si confonde la mutazione dagli animali agli uomini con la mutazione da uomo a uomo. Il virus è mutato in quanto ora non colpisce più i maiali, ma anche gli uomini, e questo si sa già da un po’.
Come mai si rivela mortale in alcuni casi?
Ci sono diversi ordini di fattori, il primo dei quali riguarda situazioni fisiche già gravemente compromesse. Dei decessi avvenuti in Italia, solamente uno ha riguardato una persona sana. Si tratta di una povera giovane messinese. Che cosa le è successo? Per capirlo bisogna fare un piccolo discorso: talvolta, ma ripeto si tratta di una complicazione rarissima, questo virus nei giovani aggredisce le vie aeree inferiori generando una polmonite. L’organismo tenta di combatterlo causando infiammazioni talmente gravi da impedire la respirazione. Questo è quanto successo alla vittima messinese. C’è da dire inoltre che simili complicazioni sono possibili anche con la normale influenza stagionale. Solo che nel caso della cosiddetta “febbre suina” tutto sembra utile per emanare proclami e descrivere minacciosi panorami di morte.
Il vaccino quindi è l’unica operazione ragionevole da fare se si vuole essere sicuri?
Assolutamente. E colgo l’occasione per ribadire il concetto: il vaccino contro la febbre suina, o influenza A che dir si voglia è l’unica soluzione. Lo dico perché molti hanno tacciato questo rimedio come inefficace e pieno di effetti collaterali. In realtà qualche raro caso di febbre dopo l’assunzione c’è stato, ma non si tratta certamente di un rischio. Non ci sono affatto eventi avversi nella vaccinazione, anzi una volta effettuata il rischio di contagio è pressoché nullo.
Ciò detto, e appurato che le percentuali sono le solite, quali sono comunque le fasce a rischio?
A sorpresa gli anziani sono meno a rischio contagio e, ovviamente, a rischio una volta contagiati. L’altra fascia riguarda praticamente tutti coloro nati dopo il ’77.
Come mai?
Perché intorno alla fine degli anni ’70 si era diffuso un ceppo virale molto simile a quello dell’influenza suina che ha per così dire preparato le difese contro questa malattia. I bambini e i giovani sono dunque a maggior rischio contagio rispetto alle fasce adulte della popolazione.