Perugia – Caso Meredith Kercher: In aula vanno in scena le ultime schermaglie tra accusa e difesa. Favole e citazioni, animi che si scaldano: «Ognuno dei tre porcellini costruisce una casa: una di paglia, abbattuta dal lupo con un soffio; un’altra di legno, che il lupo fa crollare con una spalla; e la terza di mattoni, che resiste a tutti gli attacchi». Secondo il pm «le prime due case sono le difese. La terza è la casa dell’accusa. Altro che “casa senza soffitto e senza cucina”, citando la nota canzoncina.
«Sollecito chiama i carabinieri per allontanare da sé i sospetti. Non serve una mente criminale per fare ciò. È come un bambino che rompe un soprammobile di pregio e va dalla madre per giocare d’anticipo: “mamma è caduto il soprammobile ma non sono stato io”».
Poi tocca a Raffaele Sollecito leggere in aula la sua dichiarazione spontanea: «Non ho ucciso Meredith e non ero in quella casa. Ogni giorno che passa spero che il vero colpevole confessi. Vi chiedo di restituirmi la mia vita. So che lo farete perché, nonostante tutto, nonostante quello che sto vivendo sia molto pesante, ho ancora fiducia nella giustizia. State per decidere della mia vita e qualsiasi parola dirò sarà meno di quello che sento. Non sto vivendo un incubo, ma sopravvivo a una situazione drammatica. Sono coinvolto in una vicenda assurda di cui non so nulla. Ho ascoltato il pm e non ho ancora capito quale sia il mio ruolo. Sento dire che Amanda ha ucciso Meredith per questioni legate all’igiene e agli uomini. Un quadro che stento anche solo ad immaginare. Vorrei capire perché io ho partecipato all’omicidio. Non trovo i motivi».



 

 

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