Si è fatto un gran discutere, nei giorni scorsi, della querelle sul palinsesto “prime time” di Canale 5  la sera in cui è morta Eluana Englaro. Da una parte le polemiche innescate dal dimissionario Enrico Mentana, su tutte le furie per la decisione della sua rete di mantenere la programmazione già prevista (e il caso ha voluto fosse quanto di più lontano dal dramma di quelle ore, cioè il Grande Fratello). Dall’altra parte i dati dell’audience: otto milioni di persone hanno bellamente ignorato i vari programmi dedicati alla morte di Eluana, per godersi lo spettacolo della “Casa”. Inutile precisare che la maggior parte di questi milioni di spettatori siano stati giovani.



Una «bancarotta etica», l’ha addirittura definita il Riformista. Ma anche una sorta di reazione contro gli eccessi di un’informazione quasi morbosa, secondo altri. Così, ad esempio, la pensa Paola Mastrocola, insegnante e scrittrice, e attenta osservatrice di tutto ciò che ha a che fare con il mondo dei ragazzi e l’educazione.



Professoressa, non è forse una «bancarotta etica» il fatto che gli italiani, e i giovani in particolare, preferiscano guardare il Grande Fratello piuttosto che informarsi sul caso di Eluana?

Prima ancora di fare un raffronto, è bene precisare che non è tanto un dramma che i giovani guardino il Grande Fratello la sera della morte di Eluana, bensì il fatto che lo guardino sempre. Quindi, a prescindere dal caso particolare, è bene ribadire ancora una volta che le Tv dovrebbero evitare di offrire ai nostri ragazzi programmi di questo genere; e d’altro canto la gente dovrebbe smettere di guardarli. Detto questo, capisco però anche il fatto che quella sera non si avesse alcuna voglia di guardare programmi che parlassero della povera Eluana.



In che senso?

Intendo dire che è possibile che i giovani, e insieme a loro anche tutti noi, la gente in generale sia stata alla fine molto provata dal battage mediatico intorno a tutta questa faccenda, da avere alla fine bisogno di tutt’altro che di altri programmi tv. L’alternativa non era certo il Grande Fratello, ma al contrario ciò di cui c’era bisogno era un po’ di silenzio, di riflessione, molto interiore e molto personale. Questo è ad esempio il motivo per cui io da tempo avevo smesso di leggere i giornali e guardare la tv su questa vicenda. Non perché uno non abbia motivi di riflessione sull’argomento; anzi, proprio perché li ha, ha spento il rumore. Ripeto: l’alternativa non era guardare il Grande Fratello, ma tenere tutto spento, proprio per lasciare spazio a questa riflessione.

I programmi televisivi dunque non hanno aiutato gli italiani a stare di fronte in modo approfondito al caso Englaro?

Decisamente no. E, anzi, io vorrei proprio prendere l’occasione per dire tutto il mio disgusto per ciò che è stato detto e fatto. Non si doveva arrivare a tanto, dall’una parte e dall’altra parte. Ma soprattutto, secondo me, la cosa più grave è che i giornali e le tv abbiano dato veramente il peggio di sé. Sono arrivata a un punto tale da sperare che i giornali finissero, che chiudessero definitivamente, perché se il giornale diventa questo, non lo voglio, e non capisco a cosa serva.

Che cosa in particolare le ha dato fastidio?

Tutto questo seguire passo passo, giorno per giorno, fin nei minimi dettagli. La vicenda così drammatica di Eluana è stata alla fine trattata alla stregua di una notizia come tutte le altre. Con la sola differenza che era evidentemente una notizia particolarmente clamorosa, e come tale è stata fortemente cavalcata. Una semplice notizia che “tira”, che assicura molto pubblico, ma senza che ci fosse alcuna considerazione degli aspetti più delicati della vicenda. Questo mi ha dato molto fastidio.

E secondo lei i ragazzi come hanno vissuto tutta questa vicenda, e il modo con cui è stata trattata?

Volutamente, ho evitato di parlarne con loro in modo diretto; però li ho comunque sondati, e ho capito che loro stessi non desideravano parlarne, proprio perché anch’essi subissati da questo esagerato rumore di fondo. Per questo non ci è restato che fare in modo che ognuno andasse dentro di sé, e parlasse a se stesso di questa vicenda. Perché il troppo parlare in pubblico è alla fine dannoso. Non è, questa, una questione su cui “sfruculiare” le opinioni. Gli opinionisti qui non c’entravano, e dovevano essere lasciati da parte.

Da quello che lei dice, risulta chiaro che casi come quello di Eluana fanno riflettere sulle finalità dell’informazione, e sulle sue responsabilità (o irresponsabilità) dal punto di vista educativo.

La cosa più importante su cui dobbiamo interrogarci è: quale informazione? Perché io sono stata sconcertata dalla confusione che c’è stata. Le opinioni sono una cosa, e sono di un tipo e dell’altro; ma qui non si trattava di opinioni. Quando uno scienziato viene intervistato e dice una cosa, e cioè che per Eluana non ci sarà sofferenza, e il minuto esattamente successivo un altro scienziato, nello stesso programma, dice che invece ci sarà sofferenza, allora vuol dire che quelle sono pure e semplici opinioni. Ma io non voglio opinioni dalla scienza. E poi tutto quello che ci viene detto, viene subito smentito: Eluana ha veramente detto certe cose a suo padre e agli amici? Gli uni dicono sì, gli altri dicono no. Allora questa che informazione è? Semplicemente non è informazione, perché dopo aver sentito tutte queste voci io, sul fatto in questione, non so nulla di più, e come me nessun altro. È esattamente il contrario dell’informazione: è qualcosa che fa uscire confusi. E allora è meglio non ascoltare.