La vicenda di Eluana Englaro è giunta al suo epilogo, almeno per quanto riguarda la personale vicenda della donna, morta disidratata il 9 febbraio scorso, ma il dibattito sul testamento biologico e l’eutanasia è sempre vivo con tutte le sue implicazioni etiche, giuridiche e politiche.
Consenso informato, diritto di rinunciare alla terapia e i limiti all’azione del tutore, sono temi di stretta attualità anche alla luce di fatti di cronaca che sempre più frequentemente negli ultimi mesi vengono portati alla conoscenza del grande pubblico.
Ilsussidiario.net ha raggiunto Alberto Gambino, ordinario di diritto civile e persona tra le più autorevoli su questi argomenti proprio all’indomani del voto favorevole della Commissione Sanità del Senato sul testo base del disegno di legge in materia di fine vita.
Professor Gambino, come giudica il voto della commissione Sanità del Senato che ha approvato il ddl Calabrò come testo base (ricordiamo che il ddl Calabrò ritiene il sostegno vitale, cioè idratazione e alimentazione, non possano essere oggetto di DAT)?
Vorrei su questo punto sgomberare il campo dal solito chiasso mediatico: non c’è nessuna previsione di “alimentazione forzata”, dunque chi non si vuole ricoverare può ovviamente non farlo. Certo è che una volta che si è stati ricoverati, nessun medico potrà sospendere l’idratazione e l’alimentazione del paziente: mi pare il ripristino di un principio di civiltà, drammaticamente disatteso nel caso Englaro.
Cosa ne pensa del documento firmato da 44 civilisti secondo cui il ddl del governo sul fine vita sarebbe contro i diritti umani?
Conosco e stimo i colleghi firmatari, ma non ho sottoscritto (come peraltro la maggioranza dei civilisti italiani), in quanto nel richiamarsi al giusto principio dell’habeas corpus (non si può intervenire sul corpo di chi dissente) non si affronta il diverso caso dell’interruzione del trattamento, come se fosse scontato che il medico debba trasformarsi in “esecutore” della volontà del paziente.
Anche dalle colonne del nostro giornale molti autorevoli esponenti dell’ambiente giuridico hanno sollevato tantissimi dubbi sull’operato dei giudici della corte d’appello di Milano e della Cassazione sul caso Englaro, queste sentenze sono destinate a “fare giurisprudenza” anche in presenza di una legge sul testamento biologico?
No, guardi queste sentenze oggi non fanno giurisprudenza, trattandosi di orientamenti solitari. Se poi ci sarà una legge come quella del testo Calabrò, neanche questi orientamenti solitari potranno essere emulati da altri giudici.
C’è già chi definisce la sentenza Englaro come una “breccia di porta pia del diritto”. Lei cosa ne pensa?
E i “bersaglieri del diritto” chi sarebbero? I paladini dell’eutanasia? Povera Italia…
Si legge del caso di un uomo in stato di coma a cui è stato prelevato il seme per far si che la moglie dopo essere stata fecondata artificialmente possa dare alla luce un figlio. Come commenta questa notizia? Secondo lei è uno dei “frutti” delle sentenze sul caso Englaro in fatto di ricostruzione delle volontà e di potere conferito al tutore?
Da quanto si riferisce, qui non c’è traccia di alcun consenso dell’uomo (che tra l’altro la legge – che questa volta esiste – richiede che sia espresso per iscritto). E’ allora pazzesco, è come se si fosse “stuprato” un uomo in coma. Di nuovo emerge la distorsione giudiziaria dei compiti legali di chi dovrebbe “tutelare” le persone: tutore della Englaro e, ora, dell’uomo in coma, decidono sulla morte e sulla procreazione dei loro tutelati. Ma si tratta di decisioni che i giuristi chiamano “atti personalissimi”, cioè non delegabili! Temo che vada preso alla lettera il detto che errare è umano, ma perseverare è diabolico.
Qualche giorno fa il Papa ha incontrato Nancy Pelosi, speacker della camera Usa, e le ha ribadito che i cattolici americani devono promuovere la vita nei loro ruoli nella vita sociale specialmente se sono legislatori e giuristi. La Pelosi è una “cattolica progressita” favorevole all’aborto e alle sperimentazioni sulle staminali. Cosa significa per lei, nel suo lavoro questo richiamo del Pontefice?
Significa, almeno così lo intendo, che i cattolici, se legislatori e giuristi, hanno diritto di essere laici come tutti gli altri e, dunque, di non aver paura di mettercela tutta per seminare e riconoscere nell’ordinamento i valori in cui credono.
Crede che ci sia un problema di natura antropologica alla base delle conflittualità e delle sentenze sul caso Englaro?
Certamente ed è insormontabile: c’è una visione che ritiene intangibile la persona dal concepimento alla morte naturale ed un’altra visione che ritiene intangibile l’autodeterminazione del soggetto. L‘ordinamento giuridico sino ad oggi ha bilanciato il conflitto lasciando che l’autodeterminazione operasse come libertà personale, ma senza trasformare gli altri consociati in “esecutori” di questa libertà. Ora queste decisioni giurisprudenziali mirano a trasformare la libertà personale in pretesa giuridica, e cioè in diritto azionabile con la collaborazione altrui. Per questo motivo auspico che la legge recuperi lo “strappo”.