La Chiesa è ancora nell’occhio del ciclone. Ancora una volta le parole del Papa vengono manipolate, estrapolate, ridotte e trasformate in un bersaglio di un’inusuale ferocia, cui si aggiunge gente come Sarkozy, solamente preoccupata di seguire la corrente dei mass media e di non uscire di un millimetro dalla ferrea dittatura del politically correct.
Volando in Africa, Benedetto XVI ha avuto il coraggio di dire che il solo ricorso massiccio ai preservativi non è la forma adeguata per affrontare il flagello dell’Aids. Lo dice l’uomo che è a capo di una comunità i cui membri si trovano ogni giorno in migliaia di avanposti, sulla linea di fuoco più esposta a questa terribile guerra contro l’Aids. Lo dice con la testa e il cuore di chi fa propria questa sofferenza indicibile che decima intere popolazioni, che semina la strada di orfani, che porta nella disperazione milioni di uomini e donne. Terribile flagello lo ha chiamato.
E lo sa perché ogni giorno lo informano i suoi vescovi, i suoi volontari, i suoi preti e suore che pagano un alto prezzo in questa lotta. E lo sa perché, sebbene lo colpiscano come se fosse un despota alieno, il suo è un cuore di pastore che si commuove a ogni dolore dei suoi e di quelli che sono lontani, e la sua è una ragione che vola più in alto di quanto possano immaginare coloro che lo attaccano con una ferocia implacabile.
Se manca l’anima, ha detto il Papa in aereo, se gli africani non vengono aiutati in questo lavoro di cambiamento profondo della mentalità, della libertà e delle relazioni comunitarie, gli slogan pubblicitari serviranno a poco e la distribuzione massiccia di preservativi corre il rischio di aumentare il problema. Grande scandalo! Il dogma del sesso sicuro viene messo in quarantena dall’anziano Papa.
Forse non è una prova evidente il fallimento degli investimenti multimilionari in preservativi per frenare l’espansione della pandemia? Forse non è stato l’Uganda l’unico Paese che ha raccolto notevoli risultati basando la sua politica in un ritorno alle tradizioni di fedeltà matrimoniale e stabilità familiare? Forse questa diffusione massiccia accompagnata da frivoli messaggi non contribuisce a creare un clima che vanifica tutto lo sforzo educativo, basato sul cambio di mentalità? Dire tutto questo appare un peccato.
Nell’immenso talk show in cui si è trasformato il nostro mondo, tutto è permesso, tutto viene ben accolto, tutto tranne che il vescovo di Roma si permetta di dire una parola giusta, piena di ragione e di cuore, che contraddica i guru del relativismo, impegnati a smontare pezzo per pezzo il meraviglioso significato della sessualità umana.
Il messaggio del Papa affonda le sue radici nell’esperienza millenaria della Chiesa, nella sua presenza attiva sul letto del dolore, non come i creatori delle campagne che lavorano nei loro uffici con moquette così lontani dalla tragedia. Occorre umanizzare la sessualità, ha sottolineato un Benedetto XVI attento a ogni piega della crisi culturale in corso. Questo perché nella disarticolazione della sessualità umana, nella sua decomposizione iniziata dall’ideologia del ’68, ci giochiamo molto e sembra che la Chiesa sia l’unica con il coraggio sufficiente per denunciarlo e, cosa che può sembrare più sorprendente, con la saggezza umana per ricostruirla nel suo pieno significato.
Manca questo cambiamento culturale e spirituale che le campagne delle grandi agenzie internazionali ignorano colpevolmente. E manca l’indispensabile amore-carità per gli infermi, i moribondi e gli orfani. Questo è ciò che ha plasmato nel corso dei secoli tutta una cultura dell’attenzione sanitaria di inequivocabile radice cristiana.
L’Africa conosce molto di questo amore e per questo ha accolto il Papa con la sua fede piena di allegria, sorda alle polemiche piene di rancore che arrivano dall’Occidente come un mare furente. Qui si vede ogni giorno che questa fede viva è portatrice di speranza invincibile, di forza per costruire la storia.