La questione non è più clandestina e ora lo si può sostenere senza timore di smentita: la discriminazione nei confronti dei cristiani è in aumento. Non cade dunque in errore, né rischia di pronunciare affermazioni obsolete chi richiama, di fronte all’opinione pubblica, a un problema reale e concreto ed esorta a un maggiore impegno per garantire in Europa e nel mondo la libertà religiosa. Soprattutto alla luce del fatto che anche l’Osce, l’Organizzazione internazionale a cui appartengono 56 Stati a pieno titolo e di cui sono stato nominato Rappresentante personale della Presidenza dell’Osce contro razzismo, xenofobia e discriminazione, con particolare riferimento alla discriminazione dei cristiani, ha sentito la necessità di convocare uno specifico incontro per discutere attorno a questa tematica.
Sono stato tra i promotori e ho partecipato mercoledì a una giornata di lavori a Vienna dove è stata convocata la prima Tavola Rotonda per risvegliare l’attenzione su un argomento da troppo tempo dimenticato. Il titolo del convegno era già di per sé eloquente “Intolleranza e discriminazione contro i cristiani – Focus sull’esclusione, emarginazione e negazione dei diritti”.
La morte di Hrant Dink, le minacce contro Orhan Ant, l’episodio della sospensione dal lavoro in Inghilterra di un dipendente aeroportuale colpevole di aver esposto un’immagine di Gesù, l’incendio presso la scuola cattolica e la cappella di Notre Dame de Fatima in Francia sono solo alcuni dei casi d’intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani, sia a Est e Ovest di Vienna, senza contare le violente persecuzioni che colpiscono le comunità cristiane al di fuori dell’area Osce.
Nel corso del dibattito è emerso come queste discriminazioni appaiono in diverse forme e, di conseguenza, quanto ci sia bisogno di un approccio multiforme. Personalmente ritengo significativo il contributo delle Ong che operano in questo campo e anche del contributo portato dai rappresentanti delle Chiese cristiane al fine di controllare meglio le difficoltà, affrontare adeguatamente il problema e migliorare lo scambio.
Occorre rimettere in moto pienamente l’impegno di ogni singolo Paese in materia di libertà di religione affinché si garantisca il diritto all’obiezione di coscienza, condannando tutte le forme di discriminazione contro i cristiani. È anche importante, per garantire una piena partecipazione alla vita pubblica, modificare in alcuni casi la legislazione poiché l’intolleranza può essere intenzionale, quando la discriminazione è motivata da una palese ostilità nei confronti dei cristiani, oppure involontaria, cosa che si verifica quando alcune regole di governi apparentemente neutre creano una disparità di trattamento.
La libertà di religione è sicuramente la cartina di tornasole per misurare tutte le altre forme di libertà esistenti e, di conseguenza, il livello democratico di un paese specifico. La mia raccomandazione, anche attraverso momenti di incontro come quello avvenuto mercoledì, è di rafforzare le attività di monitoraggio relative a queste forme di discriminazione e favorire sulla base dei risultati ottenuti una vera e propria campagna nei media tesa a promuovere la comprensione e il rispetto nei confronti dei cristiani superando pregiudizi infondati e manipolazioni faziose.