Anche questa notte in Abruzzo la terra ha tremato: intorno alle 23:15 una scossa di magnitudo 4.9 ha fatto traballare case e strutture per qualche minuto, riportando alla memoria la tragica notte di una settimana fa. L’epicentro, che in un primo momento sembrava spostarsi verso nord, sembra aver cambiato direzione. Uno scenario piuttosto inquietante, ma secondo il professor Raffaele Azzaro, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, il quadro, sebbene poco tranquillo, è assolutamente nella norma



 

Professor Azzaro, cominciamo a chiederle se secondo lei il terremoto si potrà espandere anche ad altre faglie del Sud

Di questi cosiddetti “salti” da una struttura sismogenetica a un’altra, da una faglia a un’altra, ne sono stati osservati parecchi nel passato, ma non sempre. Quindi, considerando quanto finora scientificamente registrato, direi che è quasi imprevedibile qualsivoglia spostamento. Non si tratta, non stiamo parlando, ovviamente di fenomeni regolari e uguali a se stessi rispetto al passato.



 

Che cosa significa allora dichiarare un’area “sicura”?

 

Di per sé non significa nulla, perché non si può. Le aree definite “sicure” discendono da studi e analisi di pericolosità sismica che sono stati condotti in Italia da vari decenni. Insomma, ci vuole molto tempo per “testarle”. Ultimamente, nel 2003/04, c’è stata una revisione di tutto il Paese con la formulazione della nuova mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale prodotta dall’INGV dalla quale risulta che la Sardegna è la regione italiana meno esposta a scorrimenti sismici. Questi studi però derivano da una serie di elementi che vengono legati insieme e poi valutati in modo probabilistico tenendo conto della storia sismica di un determinato territorio, cioè di come nel passato sia stato esposto agli effetti dei forti terremoti, della presenza anche di sismicità strumentale recente e, soprattutto, della presenza/conoscenza di faglie che sono attive o potenzialmente attive.



E comunque, anche alla fine di un processo così lungo e complesso, si tratta comunque di definizioni su base probabilistica.

 

Quali sono in media i tempi di assesto di un terremoto da un punto di vista geodinamico?

Di norma i tempi di rilascio delle “repliche” sono di alcuni mesi. Non ci si deve stupire di quanto sta accadendo in questi giorni. Lo sciame che va in esaurimento si compone solitamente di parecchie centinaia, se non di migliaia, di eventi anche di magnitudo piccola, diciamo solo “strumentale”, che vanno ad esaurire la deformazione che si è avuta in una porzione di territorio.

 

Che dati si traggono quando si misura un evento sismico forte quando si verifica? Che differenza c’è rispetto ad accumulare dati in una situazione tranquilla?

In una situazione di bassa sismicità si raccolgono comunque delle informazioni, ma purtroppo sono di minore entità rispetto a quando si verifica un terremoto. Questo perché la sismicità minore si può spesso osservare distribuita lungo una serie di faglie o strutture tettoniche, ma non è detto che tutte queste strutture siano capaci di generare un terremoto più forte. Un terremoto vero e proprio ci dà cognizione su dove sia una sorgente a maggior potenziale sismogenetico e quindi ci offre la possibilità di completare più precisamente il quadro della situazione di cui in precedenza si aveva la versione  a “tinte tenui” tratteggiata dalla sismicità minore. È una sorta di “sonar” molto preciso. L’evento grosso, in poche parole, ci fa conoscere più nel dettaglio la faglia che si è mossa.

Che apporto potrebbe avere un sistema di osservazione sismica di osservazione satellitare di cui si è parlato in questi giorni?

In realtà l’apporto c’è già; fondamentalmente di due tipologie. Una è la trasmissione satellitare che viene fatta dalle stazioni della rete mobile che abbiamo installato per ricevere i dati in modo diretto in sala operativa. Si tratta di una trasmissione assai più precisa di quelle radio. Ogni stazione ha una parabola che comunica al satellite il quale rimanda a noi un segnale particolarmente pulito.

L’altro aspetto è lo studio delle deformazioni del suolo che viene realizzato con determinati satelliti e in determinate bande di frequenza. Grazie a questo si può studiare, mediante passaggi successivi del satellite sulla stessa zona geografica, la deformazione che è stata accumulata e poi lasciata nel tempo da una certa porzione della crosta terrestre. Però per studiare dati di questo tipo si devono avere in superficie spostamenti considerevoli, nell’ordine del decimetro.

Si può escludere un altro grosso fenomeno in Abruzzo?

Questo è davvero poco prevedibile, non ha molto senso fare un pronostico. È invece fondamentale ricordare, e l’abbiamo sentito in questi giorni fino a farla apparire una cosa scontata nonostante sia la sacrosanta verità, il valore assoluto della prevenzione. È ciò che questa triste realtà ci ha fatto vedere e comprendere duramente.

Ciò che fa più rabbia è il fatto che dal 1980 l’Italia dispone di norme adeguate. Se si fossero costruite abitazioni seguendo queste ultime le case in Abruzzo avrebbero resistito anche a una magnitudo più forte. I progetti edilizi per essere approvati dal genio civile e dagli altri organi di controllo devono rispondere a dei requisiti molto selettivi. Perché questa rimane solamente teoria e non diventa una prassi? Mi auguro che lo Stato utilizzi davvero la mano pesante contro chiunque abbia speculato nell’edilizia ottenendo simili risultati tragici.

Leggi anche

TERREMOTO L’AQUILA/ 10 anni di speranza e costruzione: chi è rimasto non si è persoTERREMOTO L'AQUILA/ Lacrime vere o di circostanza? Per certi Pm vale lo "spettacolo"...SENTENZA L'AQUILA/ Boschi: la condanna mi distrugge, ma non potevo prevedere il terremoto