Le mie giornate cominciano ad essere un po’ convulse. Ancora senza una sede è difficile riuscire a lavorare. Sono difficili gli spostamenti, il traffico all’improvviso è impazzito e si rimane in fila per lunghi interminabili minuti. Non sono così riuscito a spostarmi fuori L’Aquila, come era mia intenzione, per vedere la situazione là dove non ci sono i riflettori dei mass media, dove le forze in aiuto sono minori, dove fa più freddo.



È stata una giornata di grande attività, un segnale forte che la vita ricomincia. È stata riaperta l’Accademia delle Belle Arti, altri negozi hanno ricominciato a funzionare. Ieri diversi aquilani, uomini e donne, erano in cerca di un parrucchiere. Anche le banche cominciano a muovere i primi passi, e questo è un segnale positivo. Sospeso il pagamento dei mutui per tutto il 2009, sospesi anche i pagamenti di rate per chi ha acquistato beni di consumo, televisori, elettrodomestici. Ambienti di solito “ostili” all’utenza manifestano in queste ore un senso di solidarietà.



La Chiesa è stata vicina ancora una volta tramite il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco. Parole forti le sue, che hanno messo in evidenza il lavoro dei soccorritori, la forza d’animo dei terremotati. Tanta gente lo ha ascoltato durante le sue visite all’ospedale, in una tendopoli. In tanti hanno partecipato alla Santa Messa. Un forte bisogno di Dio, il dramma ha fatto riemergere il bisogno di ciascun uomo di confrontarsi con l’infinito e di trovare sollievo nelle parole della persona che gli sta accanto.

Gli aquilani si fanno forza l’uno con l’altro. Chi sta peggio, addirittura, cerca di aiutare chi sta meglio. È il caso di una persona che avevo conosciuto in redazione, agli inizi dell’anno. Ci siamo incontrati nuovamente ieri, è sfollato vive in tenda. A differenza di me che a sera percorro 80 chilometri e torno a casa, una doccia calda. Eppure ieri quella persona era preoccupata per me, ancora senza ufficio, senza neanche un camper dove poter lavorare. «Dimmi chi posso chiamare per farti aiutare», mi ha detto. Mi sono sentito in forte imbarazzo, in difficoltà. Anziché essere io a cercare di fare qualcosa per lui, a chiedergli di cosa potesse aver bisogno ora che è senza casa, costretto a vivere in una tendopoli, si preoccupava lui di me. Un fato su cui dovrò riflettere più attentamente. Sicuramente una mia mancanza.



  • Vedendo alcuni bar e ristoranti aperti il mio pensiero è corso alla trattoria dove mangiavo ogni giorno, alle persone che vedevo quotidianamente, impiegati, solita clientela dell’ora di pranzo. Persone tra cui ci si salutava, senza conoscersi. Spero in bene per loro. Adesso il pranzo è un obbligo più che un piacere, anche se oggi ho mangiato con alcune persone della Croce Rossa. Ancora una volta ho toccato con mano il grande cuore della gente, la capacità di mettersi a disposizione per il prossimo, senza nulla in cambio. Anche io ricevo molto.

(Fabio Capolla)

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