Oggi è nata Giorgia. E questa è la più bella notizia del giorno. La mamma aquilana, fuggita dopo la scossa di terremoto era ricoverata all’ospedale di Atri in provincia di Teramo. Una vita che nasce, in questi giorni che hanno seminato morte, è un forte segnale di felicità, di un futuro che è già oggi. Il benvenuto a Giorgia è di un’intera comunità, di una città che vive in centinaia di tende.



Riaprono uffici, banche, negozi, ma il segnale più bello viene ancora una volta dai più piccoli. A Poggio Picenze, paesino di 800 anime, disastrato dal terremoto, il sindaco, in accordo con alcuni insegnanti, ha adibito tre tende a scuola.. Le lezioni sono riprese e i bambini hanno ricominciato a studiare. Un’attenzione all’educazione importante, quella a cui stiamo assistendo. Il rischio, infatti, ben grave, è che in questi periodi i giovani, pur nei disagi e in una situazione psicologica di tensione continua, perdano un contatto concreto con la realtà. I più piccoli sono stati sommersi da uova di pasqua, hanno spesso decine di giocattoli grazie alla generosità di tanti. A loro mancano dei riferimenti che la scuola può dare. L’incontro con la maestra, il confronto con i compagni aiuta a crescere e a prendere coscienza anche di quanto accaduto. L’emergenza educativa c’è, ma solo in alcuni casi, come a Poggio Picenze, si lavora dedicando l’attenzione al “tu”.



La città continua a cambiare volto, giorno dopo giorno, se si esclude il centro storico, blindato, sotto la lente di ingrandimento di chi sta svolgendo le indagini per accertare eventuali reati dovuti a poca attenzione nella costruzione degli edifici. Dire poca attenzione è un eufemismo. Vedere crollare edifici di recente costruzione fa salire la rabbia. Serve, anche in questo caso, un rapporto diverso tra istituzioni e cittadini, una morale diversa quando ci si impegna nel lavoro.

Per quanto riguarda me continuo il mio “vagabondaggio” in attesa di qualcosa di stabile. L’occasione è propizia, però, per incontrare numerosi colleghi, inviati di testate nazionali. Modi diversi di lavorare. Sono contento di me, del mio modo di lavorare. L’attenzione ai particolari, piuttosto che ai grandi personaggi. Il mio ruolo mi agevola, in un certo senso. Quando posso cerco anche di mettermi in mezzo per creare contatti tra chi ha bisogno e le istituzioni locali. Un passaggio agevolato dalle conoscenze, ma che, in questi casi, possono portare benefici. Così mi sono ritrovato nella necessità di reperire con urgenza un frigorifero. Non azzecca con il mio lavoro, nulla ha di giornalismo.



Ma c’erano dei farmaci che dovevano stare al fresco. Due telefonate, una banalità per certi versi, per far giungere nella tendopoli quanto richiesto. Il grazie, dopo l’arrivo del frigorifero, è stato un premio, la constatazione che anche lavorando si trovano momenti e occasioni per andare oltre. E questo grazie mi ha reso felice solo perché ha ancora una volta manifestato dentro me che quello che faccio è frutto del riconoscimento di chi mi dà forza e gioia di vivere. Quello che auguro a Giorgia, figlia dei tempi del terremoto. Alla sua vita.

(Fabio Capolla – Giornalista de Il Tempo)

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