Uomini del Vaticano sono venuti nella Scuola della Guardia di Finanza per studiare i dettagli della visita del Papa. Un appuntamento molto atteso che si svolgerà in questa struttura militare. Oggi ripensavo a questi giorni, a questa scuola che è diventata per me una sorta di luogo sicuro. Un po’ casa un po’ ufficio, un po’ luogo di incontro. Una struttura che prima di aprile era un po’ fredda, come ogni zona militare off limits per la città e i suoi cittadini. Si entrava in occasioni particolari, superando posti di controllo. Adesso è un luogo accessibile. Ribattezzato “Cittadella delle istituzioni” di fatto è il luogo sicuro degli aquilani, dalle istituzioni a coloro che cercano risposte a mille domande. Merito sicuramente anche del generale Fabrizio Lisi che ha saputo gestire la scuola in maniera poliedrica in questo momento di emergenza.



Un luogo è una cosa importante. E in questi giorni gli aquilani sono alla ricerca disperata di un luogo. Chi ha perso la propria casa ha bisogno di uno spazio che dia sicurezza, tranquillità, familiarità. Anche io, senza ufficio e senza uno spazio mio, trovo familiarità in questo megacomplesso. Passato il circo mediatico provocato dalla presenza di ministri e personaggi importanti, si torna ad essere, seppur in tanti, tra amici. All’interno nascono nuovi rapporti, nuove attenzioni alla persona. Nei momenti di difficoltà ancora una volta ho riscoperto l’aiuto vicendevole. Risposte ai tuoi bisogni senza la necessità di domande. Sto scoprendo, per la prima volta, la stanchezza. Mi guardo indietro e mio accorgo che dalla notte del terremoto non ho avuto un giorno di riposo. Ho lavorato con gioia, ho scoperto la vicinanza di tanta gente, anche e soprattutto attraverso queste righe.



Stanco ma felice. Mi preparo a giornate impegnative. Domani ancora leader, Berlusconi e Franceschini, in occasione del 25 aprile. Anche questi momenti che rimandano alla storia li sto affrontando con più attenzione. Ripenso ai morti delle stragi in guerra e alle morti del 6 aprile. Alla sofferenza di chi perde i propri cari. Quando sono solo, durante la giornata, mi capita di ripensare alle persone incontrate in questi giorni, a chi non ha più vicino una persona cara. Ho ripensato a Giorgio, il mio collega, accanto a me, nei primi minuti dopo il terremoto. Lontano da me, poche ore dopo quando gli hanno detto che lo zio era rimasto sepolto sotto le macerie. Poi accanto a me, quando mi ha coinvolto nel pranzo con la famiglia della fidanzata e poi oggi. Gli sta piacendo questo mestiere perché in questo momento tragico scopre l’umano che c’è dentro e la sua capacità di mettersi in gioco. Dopo un suo articolo su una persona che sta male, salvata miracolosamente dalle macerie del suo palazzo, ha trovato tanta gente che lo ha contattato per poter aiutare questa persona. Oggi mi ha detto di aver scoperto il piacere di fare questo mestiere. Di fatto ha imparato l’umanità che si può mettere nel lavoro. Sono contento di averlo accanto e che abbia imparato ad amare questo lavoro, che con lui ci sia un’amicizia nuova.

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