E’ tempo di rivedere amici. A tre settimane dal terremoto la fase di emergenza sembra superata. Si comincia a incontrare di nuovo facce conosciute, persone che fortunatamente si portano dietro solo lo spavento di quella notte o, meno fortunatamente, piangono un amico o un parente che non c’è più. Ognuno con la sua esperienza, tanti con quello che da quella notte hanno imparato. La prima mossa tra di noi è stata quella di cercarci, rintracciarci, e fare la conta – mi ha raccontato un amico – quindi lo stupore e la gratitudine di essere stati tutti preservati: il primo grande miracolo. Già da subito è accaduta la disponibilità di farsi carico dei vari bisogni che intercettavamo. Questa tentativo di abbracciare, con tutta la nostra inadeguatezza, chi sta nel dolore è stato fondamentale perché attraverso il semplice rapporto siamo stati introdotti a scorgere nelle “macerie” della nostra compagnia e del popolo abruzzese fatti che macerie non erano affatto.
Il terremoto non ha solo spostato la città di quindici centimetri. Ha rovistato nelle coscienze delle persone, li ha messi di fronte al mistero della vita, della morte. Quando accantono il G8, le visite dei politici nello sconquasso di Onna per commemorare il 25 aprile, mi trovo di fronte a queste storie. Storie di umana presenza, di uomini e di donne che si chiamano per nome. Che insieme costruiscono il futuro. Oggi è uscito il sole, pallido ma bello dopo le giornate di pioggia, vento e grandine trascorse. Anche in questo caso è bello imparare ad apprezzare anche una giornata di sole. La maestosità della natura passa anche attraverso un raggio di sole. Adesso prendo pause dalla routine quotidiana fatta di conferenze stampa, confronti sulle storie che vengono fuori solo per sfamare la voracità dei mass media. Incontro amici e ascolto i racconti del terremoto.
Ognuno con la sua storia, con la sua sofferenza. La fatica e il dolore che vengono superati stando insieme agli amici e guardando insieme come cambiare questa difficile situazione guardando la realtà, osservando e comprendendo i bisogni di chi sta accanto. Sono tanti gli episodi che incontro adesso, a tre settimane dal terremoto. Nelle lunghe giornate passate in giro per la città. Quella parte di città fuori il centro storico che prima non frequentavo. Persone, anche conosciute da pochi minuti, che ti raccontano la loro storia, la loro sofferenza. In tanti gridano al miracolo, non solo di essere vivi ma di aver riscoperto il gusto della vita, il piacere delle piccole cose, il senso della propria esistenza.
Comincia una nuova settimana, attendo il primo maggio per riposarmi. Mai come quest’anno sento il significato della festa dei lavoratori. Si apre una settimana importante. La visita del Papa sarà l’occasione per sentire come muoversi attraverso il dramma della natura, la sofferenza e la morte. Attendo le sue parole per capire se ho fatto qualcosa di buono, se e dove migliorare. Un modo per affidare ancora una volta la mia vita e il mio mestiere in mani più grandi.
(Fabio Capolla – Giornalista de Il Tempo)