Un padre che sostiene i suoi figli nel dolore. Papa Benedetto XVI ieri in visita a L’Aquila era questo padre. Nel modo in cui teneva le mani degli universitari davanti alla casa dello studente in Via XX settembre. Nello sguardo che ha riservato alla gente di Onna, nelle parole verso chi ha sofferto la perdita di una persona, il crollo della casa. Importanti le parole del Papa riguardo alla solidarietà.



«Non è solo un’efficiente macchina organizzativa: c’è un’anima, c’è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo». Anima e passione, due parole che valgono per il volontariato ma che devono, dovrebbero, essere imprescindibili da ogni nostra azione. Anima e passione le sento più vicine in questi giorni, nel mio approccio con il lavoro, nel rapporto con le persone che incontro.



Bisognerà riflettere su quanto ha detto. Si è posto la domanda che tutti, chi più chi meno, ma anche i non credenti si sono posti in questi giorni. «Che cosa vuole dirci il Signore attraverso questo triste evento?». Una risposta che torna indietro alla Pasqua. «Abbiamo vissuto la Pasqua confrontandoci con questo trauma, interrogando la Parola di Dio e ricevendone nuova luce. Abbiamo celebrato la morte e risurrezione di Cristo portando nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone colpite la fiducia in Dio e la speranza» .

Emozione anche tra gli studenti universitari, i tre ragazzi, Stefano, Antonella e ancora Stefano, che hanno avuto modo di scambiare qualche parola con il Papa davanti alla casa dello studente, simbolo di morte dell’intera città. Stefano che mi racconta lo sguardo del Papa, il suo silenzio mentre guarda l’edificio crollato. La ricerca da parte di Benedetto XVI della quotidianità di quei ragazzi, la voglia di sapere se hanno ripreso a studiare, cosa fanno, dove studiano. E a chi studiava ingegneria la raccomandazione che il loro studio sia utile perché non possa succedere ancora tanta distruzione.



La presenza del Papa ha segnato per la città, per le istituzioni e per i terremotati un momento di ripartenza. Lo deve essere anche per ciascuno di noi. Lo sguardo verso il disastro provocato dal terremoto e la preghiera come risposta è valido anche per me, per tutti. Una presa di coscienza che diventa ancora più importante ora che sento il peso e la responsabilità di queste righe. Piccole scoperte quotidiane che fanno piacere perché ti ripagano del tuo lavoro. Un incontro piacevole di oggi è stato con il vicecapo dell’ufficio stampa del Vaticano, il vice portavoce del Papa. Padre Ciro Benedettini. Un volto amico, che per tanti anni ha vissuto al Santuario di San Gabriele, sotto il Gran Sasso, nel Teramano. Direttore della rivista dei Passionisti.

Poi la chiamata a Roma, con Papa Giovanni Paolo II, vice di Navarro Vals e ora vice di Padre Lombardi. Un collega prima che un religioso, un amico prima che un giornalista. A lui ho chiesto del Papa, dei suoi discorsi, della sua vita, del rapporto con lui come giornalista. Una chiacchierata breve in cui ne è uscita una persona che vede Cristo nel quotidiano, nelle azioni più semplici, nel rapporto con gli altri. Poi la preghiera, alimento della quotidianità.

Si allontanano i giorni della forte scossa, diminuisce anche lo sciame sismico, purtroppo rimane il maltempo, addirittura ieri a Rocca di Cambio, 1.400 metri, in una tendopoli, si è vista la neve aggiungersi all’acqua e al fango. Situazione difficile come in tante altre tendopoli. Come ha detto Papa Benedetto non resta che pregare, affidarci alla Madonna di Roio.

(Fabio Capolla – Giornalista de Il Tempo)

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