Tutti a casa, niente compiti e niente interrogazioni; ma questa volta senza gioia. Gli studenti della gran parte delle scuole abruzzesi in questi giorni non andranno in classe: come vivranno le giornate dopo il terremoto? Come sapranno reagire a questa grande tragedia che li circonda?

A sentire Antonella Sanvitale, professoressa di Pescara che insegna diritto in un Istituto tecnico commerciale, gli studenti sono presenti, forti e desiderosi di dare loro anche piccolo contributo per ricostruire. E sanno bene a chi chiedere e dove andare.



Professoressa, qual è la situazione nelle vostre scuole?

Tutte le scuole, anche qui a Pescara, sono chiuse. Ora dovranno fare molti accertamenti, perché ci sono molti istituti danneggiati. Solo dopo Pasqua sapremo quando sarà possibile rientrare in classe e riprendere la normale attività

Avete contattato le scuole e i colleghi che lavorano all’Aquila?



Sì, ho chiamato alcuni insegnanti dell’Aquila, molti colleghi con cui ho fatto l’esame di stato in questi anni. Molti di loro si trovano qui a Pescara, dove sono stati accolti nelle strutture alberghiere della città. Importante ricordare che tutti gli alberghi hanno dato la disponibilità, anche gli alberghi migliori del centro. Ho potuto raggiungere alcuni di loro, portando vestiti e altre cose di cui avessero bisogno.

Con i suoi colleghi della scuola come state affrontando la situazione?

Nella mia scuola alcuni mesi fa avevamo affrontato, con i colleghi e molti studenti, un percorso di approfondimento sul bullismo, all’interno del quale avevamo trattato il tema e il significato della gratuità. Per capire questo avevamo incontrato e conosciuto alcune realtà che facessero vedere in atto questa gratuità, e tra queste il Banco Alimentare. Ebbene, memori di questo lavoro, ben sette miei colleghi mi hanno chiamato e mi hanno chiesto come possono dare una mano.



E gli studenti?

Gli studenti sono stati veramente straordinari. Naturalmente in questi giorni non ci vediamo, e sono stati proprio loro a chiamarmi, dicendo: “professoressa, visto che non andiamo a scuola, cosa possiamo fare per dare una mano?” Sia i ragazzi che i colleghi mi hanno detto che volevano rendersi utili sostenendo l’iniziativa del Banco Alimentare per il terremoto. Si ricordavano di quello che avevano visto, e hanno detto: mi fido di quella realtà, so che opera bene e quindi voglio mettermi a disposizione.

Che cosa le lascia un’esperienza come questa?

È un episodio che parla di una stima in atto, di un profondo rapporto con gli alunni della mia scuola, che si sente soprattutto in questo momento in cui c’è dolore negli occhi. Non dimentichiamo che  l’Abruzzo è piccolo e ci conosciamo un po’ tutti, per cui ci sono amici, figli di amici che studiano a l’Aquila e che si trovano al centro del disastro. Per fortuna non ci sono morti tra i nostri conoscenti più stretti. Comunque la cosa grande che rimane è il fatto che, dentro il dolore, si è aperto lo sguardo di chi sa dove guardare, quali sono i punti reali a cui affidarsi per guardare con speranza al futuro. Non hanno dato una disponibilità generica, hanno detto: “abbiamo conosciuto il Banco, sappiamo che ci possiamo fidare e vogliamo dare una mano”. È una cosa che mi ha veramente colpito, e di cui vorrò parlare quando torniamo a scuola. Per il momento quello che farò è coinvolgerli appena possibile con l’iniziativa della raccolta fondi del Banco.

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