Caro Francesco, l’influenza e la tosse non ti hanno fanno godere, ieri, il giorno di festa dalla scuola. Il Papa, che ha provocato con la sua presenza la chiusura della scuola e di molte strade della nostra città, era ieri mattina di fronte alla nostra casa. È andato alla Spianata della Moschee ed ha visitato la Cupola della roccia, che vediamo molta bene attraverso le nostre finestre. Poi è sceso giù e si è fermato a pregare davanti al Muro del pianto, quello dove gli ebrei mettono i foglietti. Anche il Papa ha messo il suo foglietto. Forse sei curioso di sapere cosa ha scritto? Lo ha scritto di suo pugno. “Dio di tutti i tempi – c’è scritto – nella mia visita a Gerusalemme, la città della pace, casa spirituale di ebrei, cristiani e musulmani, porto di fronte a te le gioie, le speranze e le aspirazioni, le prove, le sofferenze e i disagi di tutti i tuoi popoli dovunque nel mondo. Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ascolta il grido degli afflitti, dei timorosi, dei diseredati”. 



Mentre il Papa infilava questo biglietto con questo parole io sono andato a trovare una persona che tu non conoscevi, ma che sai bene dove vive. O meglio dove viveva, fino a pochi giorni fa, cioè a Gaza. Sì, proprio a Gaza, quella regione dove c’è stata la guerra poco fa e dove sono morti tanti bambini e dove ci sono state tante distruzioni, e dove adesso ci sono tante persone senza casa. Tu lo sai, perché hai visto la televisione ed anche le foto sul cartellone che i più grandi della tua scuola hanno fatto. E Gaza è anche il posto dove è andato tuo papà e lo so che hai paura perché pensi che la guerra possa colpire anche il tuo papà.



Sai chi ho incontrato: il vecchio parroco della chiesa cattolica di Gaza, padre Manuel Musallam. Dopo 14 anni è tornato a vivere nel villaggio dove è nato, vicino a Ramallah. Sai cosa mi ha detto? Che bisogna stare vicino a chi soffre, musulmano o cristiano che sia, come a Gaza. Che la Chiesa è il volto di Cristo, e lui guarda ai poveri e ai sofferenti. Abuna Musallam si è battuto perché il Papa andasse anche a Gaza, ma non ci è riuscito. E questo lo ha rattristato. Poi ha sorriso, quando ha ricordato il giorno della sua partenza da Gaza. «Lo sceicco musulmano di Gaza – mi ha raccontato – aveva le lacrime agli occhi. Allora Abuna gli ha chiesto: sceicco perché piangi? In fondo io torno alla mia famiglia. E lui ha risposto: piango perché tu ci hai fatto conoscere i cristiani attraverso la tua persona». È proprio un bel complimento per un cristiano, tanto più detto da un musulmano.



(Filippo Landi)