«Larissa è viva, come potrei uccidere mia figlia». Larissa è aquilana, di San Demetrio ne’ Vestini, ha 38 anni. A causa di un incidente stradale accaduto il 19 settembre 1986 è in coma vegetativo. Larissa è una donna terremotata. Una sfollata, come tanti altri che hanno vissuto il dramma del 6 aprile, della sua casa distrutta. Adesso Larissa vive dentro una tenda, in un campeggio di Martinsicuro, sulla costa Teramana.
«Larissa è viva, come potrei uccidere mia figlia». La mamma, Maria Teresa, continua a ripeterlo. Di staccare la spina i genitori di Larissa non ne hanno mai voluto neanche sentir palare. «Larissa parla – racconta la mamma – un battito di ciglia per dire si, due per dire no». Una storia d’amore. Quell’amore di una madre verso la figlia. Larissa vive con i genitori e il fratello. Fino al momento del terremoto era dentro una casa, accudita. Adesso vive nella precarietà di una tenda. Il padre, Pietro Norscia, ha il timore che a breve vengano spostati dal campeggio di Martinsicuro a una zona montana dell’entroterra abruzzese.
I genitori di Larissa, persone riservate, non vogliono mettere in piazza il loro problema. Ma amano loro figlia, per lei vorrebbero quanto di meglio possono offrirle. Ecco quindi che sognano una sistemazione adeguata. «Ci basterebbe trovare un’abitazione a piano terra – afferma il padre – altro non ci occorre perché da 23 anni siamo stati sempre noi a badare a Larissa. Ci giungono voci di spostamenti nelle zone interne dell’Abruzzo ma noi come faremo con la nostra Larissa?». Maria Teresa ha lo sguardo posato sulla figlia. Non l’abbandona un attimo. E’ stata sempre convinta che sua figlia, pur non potendosi muovere, ascolti e capisca ogni cosa.
«Larissa è viva, come potrei uccidere mia figlia?». Dopo una giornata molto stancante scrivo, ascoltando la Sinfonia n. 40 di Mozart e penso che Larissa ascolta. Non so se è vero o se è la convinzione di sua madre, cha la ricorda bella, brava a scuola. Sono certo che Larissa ascolta il cuore di sua madre, e di suo padre e di suo fratello. Un amore che prevalica, che ha vinto la forza del terremoto, che supera le difficoltà di una vita in tenda e i disagi che si porta dietro. Un amore che supera il dolore, che fa memoria della vita.
Sono certo che la più bella risposta che i politici aquilani e quelli regionali, in queste ore impegnati a lanciarsi accuse sui soldi, disponibili o meno; sui piani di ricostruzione, sul futuro della città, dovranno avere come primo pensiero Larissa e il suo bisogno di casa. Tutto il resto sono parole vuote. La realtà da guardare è lei. Un impegno che deve diventare obiettivo. Per farla vivere felice, ascoltando ogni giorno le parole di chi le vuole bene. Rispondendo a loro con quell’impercettibile battito di ciglia.
(Fabio Capolla – Giornalista de Il Tempo)