Novità sulla supermamma di otto gemelli e di 6 precedenti bambini: sembra che entrerà in un reality. Già l’idea di farsi impiantare figli in alto numero non ci sembrava consigliabile, visti i rischi per la salute sia della donna che dei bambini. Ora, la notizia che la vita quotidiana della famiglia forse diventerà un reality show genera ulteriore apprensione. Questi i fatti: ma attenti ai moralisti! Già, perché certo moralismo laico avrebbe voluto un comportamento politically correct: a) fare al massimo un solo figlio;
B) farlo e buttare via gli embrioni (figli) di troppo;
C) impiantarli tutti (come è successo), ma poi abortirne qualcuno (succede anche questo e non è rarissimo).
Perché avere una famiglia di 14 figli… è “assolutamente riprovevole”, e non disfarsi di quelli “non strettamente voluti” lo è ancora di più!
La plurimamma in vitro fa entrare in crisi i benpensanti laicisti, perché mostra un fatto inaspettato che non si può limitare alle rampogne verso un certo far figli dissennatamente. Il fatto nuovo è questo: oggi l’atto di ribellione più comune e chiaro, nella società della “crescita zero”, del figlio unico (altro che la Cina!), del “figlio quando lo dico io”, e del “figlio perfetto”… è proprio fare figli. Si può arrivare a “usare questo strumento di ribellione” in maniera scomposta, come la signora in questione, ma talvolta la ribellione assume tratti romantici e da guerra partigiana contro la mentalità del potere. Alcune donne, per esempio, resistono alle pressioni di abortire bambini affetti da disabilità, nonostante questo non sia “politically correct”: la ricercatrice e attivista Melinda Tankard Reist ha raccolto una serie di storie su questo tipo di donne nel suo libro intitolato “Defiant Birth: Women Who Resist Medical Eugenics” (ed. Spinifex Press). Talvolta la ribellione diventa irrazionale, come nel caso delle diciassette adolescenti americane che nel 2008 hanno voluto restare tutte insieme incinte, senza rivelare i nomi dei padri del loro bambino, per poter crescere i figli autonomamente e insieme. E’ meno clamorosa la rivolta, ma più diffusa, nel caso del boom di gravidanze adolescenziali in GB: quasi 6 milioni di sterline statali inutili (tra cui quelli per i condom gratis, è notizia di questi giorni): nessun apprezzabile risultato nel ridurre il numero di gravidanze delle teenagers, perché il problema non è “meccanico”, ma culturale.
Il punto è che hanno tolto la possibilità di creare una famiglia a chi è giovane, obbligando culturalmente ed economicamente ad aspettare almeno i 30-35 anni; hanno anche insegnato in tanti che la famiglia non è un “bene”; d’altra parte ad ogni angolo di strada, in ogni pagina di giornale, in ogni programma TV chi non fa sesso da piccolo viene trattato come un imbecille.
Cosa volete che succeda? Già: cosa può succedere quando un ragazzo sente dentro la spinta ad una vita fisiologicamente sana per costruire qualcosa di duraturo, ma la parola d’ordine di chi tiene il potere è “sesso sì, figli no!”. Pensano che i ragazzi non si ribellino? O che accettino le prediche e i preservativi, nuovo simbolo della sterilità imposta dalla società stanca e opulenta degli adulti che sanno fare prediche ma non sanno dare ragioni?
Insomma, la storia della signora plurimamma ci inquieta ma non ci stupisce: oggi si trasgredisce così.
C’interessa poi il risvolto mediatico della questione: primo, perché nessun media si è reso conto di questo rivoluzionario sistema di contestazione. Se negli anni’60 si contestava con lo spinello, oggi che lo spinello è quasi diventato un diritto bisogna trovare comportamenti alternativi per contestare. Sui media si continua a parlare di trasgressione per i nudi in TV (ma ditemi se c’è una serata TV senza nudi) o per la marijuana (e trovate a stento chi sui media osi parlare contro la tanto decantata liberalizzazione), ma i ragazzi si rendono conto che droga e aborto libero sono gli slogan dei loro “vecchi”, le parole d’ordine di una generazione che loro contestano. Ben altra allora sarà la via per contestare davvero. Forse riprendere a fare figli, e a provare a farli magari qualche anno prima della menopausa.
L’altro risvolto mediatico riguarda i reality. Se ci preoccupa l’ingresso della TV nella privacy di una famiglia, bambini in primis, rilassatevi: c’è di più. Abbiamo assistito a reality in situazioni improbabili, che pretendono di osservare improbabili convivenze, senza ricordare che basta osservare per alterare un ambiente (non parliamo di osservare persone in un ambiente artificiale); ma assistiamo ora anche a Reality in cui dei neonati vengono assegnati a differenti coppie che li alleveranno con modalità educative diverse (la coppia rigida, la coppia permissiva…), oppure altri che vengono affidati a coppie inesperte che li terranno per qualche giorno al posto dei loro genitori (comunque sempre nei paraggi). E ci deve preoccupare una donna con 14 figli? Certo, evitiamo che diventi (lei e i bambini) un fenomeno da baraccone e evitiamo di prenderlo come esempio: molto ci sarebbe da discutere e criticare… e non temiamo di essere contenti che in Italia la legge 40 impedisce cose di questo tipo! Ma in fondo, vedere una mamma che allatta, che ha tanti bambini, e che non “perde la salute!” per via dei figli- come insegna a temere la mentalità comune -, non sarà davvero una paradossale e forse non voluta inversione di tendenza nel mondo dei reality?