Nella Chiesa, “come nella società civile”, si soffre perché coloro ai quali è stata data una responsabilità “lavorano per se stessi e non per la comunità”. Lo ha detto stamane Benedetto XVI durante la messa solenne nella Basilica di San Pietro nella quale ha ordinato cinque nuovi vescovi.
Si tratta di mons. Gabriele Giordano Caccia, nuovo nunzio in Libano, di mons. Franco Coppola, nuovo nunzio in Burundi, di mons. Pietro Parolin, nuovo nunzio in Venezuela, di mons. Raffaello Martinelli, nuovo vescovo di Frascati e di mons. Giorgio Corbellini, nuovo presidente dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.
A proposito della missione affidata ai vescovi, il Papa li ha esortati ad essere “servi” fedeli, prudenti e buoni. Ma lo stesso, ha detto il Papa, vale per la società civile: le cose non funzionano quando coloro ai quali è stata data una responsabilità lavorano, egoisticamente, solo per se stessi. E ha fatto riferimento, Benedetto XVI, a due parabole del Vangelo. Una è quella del servo malvagio che si mette a “gozzovigliare e percuotere i dipendenti”; l’altra è quella del servo che sotterra le monete del padrone, per potersi dedicare “esclusivamente ai propri affari”. Perciò, ha sottolineato, la “prima caratteristica, che il Signore richiede dal servo, è la fedeltà”.
Al servo “è stato affidato – ha continuato il Papa – un grande bene, che non gli appartiene. La Chiesa non è la Chiesa nostra, ma la sua Chiesa, la Chiesa di Dio. Il servo deve rendere conto di come ha gestito il bene che gli è stato affidato”. Il pastore, ha detto Benedetto XVI riferendosi ai vescovi – deve avere la virtù della prudenza, come capacità di giudicare le cose secondo l’insieme, e della bontà, nel senso del dialogo costante con Dio.