Nel bel mezzo del dibattito parlamentare in merito alla legge sul fine vita, il TAR Lazio ha depositato una sentenza in tema di nutrizione e di idratazione delle persone in Stato Vegetativo Persistente che sta avendo ampia risonanza.  

La sentenza riguarda il documento che, poche settimane prima che il caso Eluana venisse “risolto”, il Ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha indirizzato alle Regioni sull’argomento.  



L’atto ministeriale si fonda sul parere approvato nella seduta plenaria del 30 settembre 2005 dal Comitato nazionale per la bioetica, secondo il quale la nutrizione e l’idratazione anche artificiali delle persone in Stato Vegetativo Persistente “vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere” e pertanto “la sospensione di tali pratiche va valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma, dal punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele, di ‘abbandono’ del malato”.  



Con l’atto di indirizzo in questione, il Ministro Sacconi ha chiesto alle Regioni di adottare le misure necessarie affinché tutte le strutture sanitarie si uniformino ai principi esposti nel parere sopra citato e a quanto previsto dall’articolo 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone disabili, che vieta le discriminazioni fondate sulla disabilità.  

Tale atto ministeriale è stato impugnato davanti al TAR del Lazio, che ha deciso il relativo ricorso con sentenza depositata nei giorni scorsi, dall’associazione “Movimento Difesa del Cittadino”.  

Non va dimenticato che nel caso di Eluana la Corte di Cassazione aveva addirittura negato la legittimazione della Procura ad impugnare il decreto della Corte d’Appello di Milano con il quale era stato autorizzato il distacco del sondino, sul presupposto che le questioni implicate riguardassero diritti personali della stessa Eluana.  



Viceversa il TAR Lazio, pur sostenendo che anche le questioni sottoposte al suo esame avrebbero tale natura, ha contraddittoriamente riconosciuto la legittimazione ad agire su questi temi ad un’associazione di consumatori e di utenti.  

A parer mio non è questa l’unica ragione di perplessità sulla sentenza in questione.  

 

Peraltro a proposito di tale pronuncia sono state dette e scritte tante e tali inesattezze (per utilizzare un termine “asettico”), da rendere opportuno in primo luogo chiarire il contenuto e la portata della sentenza stessa.  

 

La sentenza non ha affatto accolto il ricorso del Movimento Difesa del Cittadino, né ha in alcun modo annullato l’atto di indirizzo del Ministro Sacconi.  

 

Con la pronuncia in questione il TAR Lazio ha infatti dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sul ricorso, ossia ha affermato che le questioni sollevate con lo stesso avrebbero dovuto essere proposte al Giudice Civile e non al TAR, in quanto si tratterebbe di questioni riguardanti diritti personali soggettivi.  

 

Dunque la sentenza non ha riconosciuto un supposto diritto ad ottenere l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione per i soggetti in Stato Vegetativo Persistente, dato che tale valutazione spetterebbe appunto soltanto al Giudice Civile.  

 

E’ poi del tutto improprio affermare che il TAR Lazio avrebbe “bocciato” la legge sul fine vita attualmente in discussione.  

 

Il Giudice Amministrativo, così come la generalità dei Giudici, è anzitutto chiamato ad applicare correttamente la legge e non può discostarsi da essa; non può in alcun modo “bocciare” una legge (figuriamoci un disegno di legge!) nemmeno se ritiene che la stessa sia incostituzionale, dato che in tal caso può soltanto investire della questione la Corte Costituzionale, alla quale spetta in via esclusiva la decisione circa la costituzionalità delle leggi.  

 

Invero quella del TAR Lazio è una sentenza non avente portata vincolante nei confronti di alcun soggetto ed in special modo del Parlamento, né dei provvedimenti legislativi che lo stesso dovrà approvare.  

 

Chiarito quanto precede, vi sono comunque aspetti della sentenza che destano perplessità.  

 

Anzitutto la circostanza che, benché abbia dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e quindi l’impossibilità di pronunciarsi in merito, il TAR Lazio ha sviluppato una serie di considerazioni che di fatto “suonano” a sostegno della tesi dell’esistenza di un diritto soggettivo al distacco del sondino, senza nemmeno prendere in esame le argomentazioni in senso contrario.  

 

Particolarmente significativo in tal senso è che, senza esplicitare né tanto meno giustificare tale posizione, la sentenza ha equiparato la nutrizione e l’idratazione artificiali ai trattamenti sanitari.  

 

Così trascurando non solo il dibattito particolarmente intenso che è in corso su questo argomento, ma anche la stessa formulazione dell’art. 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili, pur richiamato nella sentenza, che impone agli Stati Parti di “prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e di liquidi in ragione della disabilità” e che dunque indica chiaramente che l’alimentazione e l’idratazione anche artificiali non sono da considerarsi trattamenti sanitari.  

 

C’è soltanto da augurarsi che la sentenza in questione e le letture distorte che ne sono state date non finiscano per ritardare ulteriormente l’approvazione di una legge sul fine vita ormai da troppo tempo attesa.

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