La più piccola ha tre anni, il più grande sedici. Appena sono entrati nel nuovo appartamento di Bazzano, realizzato con il progetto Case, hanno visto gli scatoloni. Come regali sotto l’albero di Natale si sono precipitati ad aprirli, curiosi di vedere cosa contenessero. Una gioia irrefrenabile, la contentezza di avere una casa. Per la prima volta dopo quel tragico 6 aprile.



Marco è disoccupato, Carla insegna in una scuola dell’Aquila. Hanno quattro figli, il più grande frequenta il ginnasio, la più piccola si affaccia per la prima volta tra qualche giorno nella scuola dell’infanzia. Ieri hanno festeggiato, mentre Berlusconi nel grande prato raccontava l’impresa, quella di aver realizzato cinquecento alloggi in 110 giorni; hanno festeggiato l’inizio di un nuovo capitolo della loro vita.



«È una sensazione strana, siamo contenti, certo avremmo preferito che nulla fosse successo. Ma la realtà è questa e per noi è più fortunata di tanti altri. Siamo una famiglia numerosa e questo ci ha messo in cima alla graduatoria degli assegnatari», Marco parla a ruota libera mentre i figli tolgono dagli scatoloni lenzuola e coperte. La più piccola è già in una delle quattro stanze e salta sul materasso.

Bibite e bottiglie che Berlusconi aveva fatto trovare nel frigorifero sono già sul tavolo. Una festa vera e propria. In casa entra tanta gente, molti non sono neanche parenti e amici, solo curiosi. Ma la coppia aquilana accoglie tutti e con tutti si festeggia.



«Stanotte dormiremo in casa dopo cinque mesi in tenda – racconta Carla -. Mia figlia, la più piccola, ha paura. Non si è ripresa da quella notte, speriamo riesca a dormire. La casa è bella, grande anche se siamo in sei. Fuori c’è molto verde, spazio per giocare. I miei figli faranno sicuramente nuove amicizie, anche se sperano di non perdere quelle nate in tendopoli. Qui serviranno mezzi pubblici, bus per andare al lavoro e a scuola».

Berlusconi fuori ha finito il suo discorso, anche sindaco, presidenti di Provincia e Regione hanno esaltato il lavoro di tanti operai, formiche senza sosta di notte e nei giorni di festa. La promessa è stata mantenuta. Da qui a dicembre, ogni quindici giorni nuove consegne. Non basteranno per tutti ma si comincia una nuova fase. Si pensano soluzioni alternative per chi è ancora costretto a lunghi viaggi quotidiani dall’entroterra al capoluogo abruzzese. Una situazione sperata ma che a molti pareva impossibile da realizzare.

 

«Tutto bello, fantastico. Non dimentichiamo però quella notte – ha concluso Marco -, non dimentichiamo il nostro dolore, la paura, la disperazione. Adesso bisogna pensare alla ricostruzione. Le nostre case in città devono essere recuperate. Qui vogliamo sentirci di passaggio, tornare a vivere in centro, riprendere le nostre abitudini di una vita». Per L’Aquila una nuova pagina di storia, un capitolo che segue quello della ricostruzione. Si intitola la rinascita. E tutti sono contenti di quello che accade ogni giorno.

(Fabio Capolla, giornalista de Il Tempo)

Leggi anche

TERREMOTO L’AQUILA/ 10 anni di speranza e costruzione: chi è rimasto non si è persoTERREMOTO L'AQUILA/ Lacrime vere o di circostanza? Per certi Pm vale lo "spettacolo"...SENTENZA L'AQUILA/ Boschi: la condanna mi distrugge, ma non potevo prevedere il terremoto