E’ la stampa bellezza (Humphrey Bogart). Dossier, nemici, ricatti, sangue, morte, potere? E’ la stampa. Cazzeggi, furberie, gossip, scandali, morbosità? E’ la stampa. E non ci puoi fare nulla. Nonostante tutti gli sforzi per nobilitare il mestiere dell’informazione, fino ai recenti Master universitari (dove i neolaureati arrivano sognandosi futuri telecronisti dei mondiali di calcio) la storia esemplare è quella raccontata dall’insuperato «Prima Pagina» di Billy Wilder. Stanze fumose e complicità losche, editori rapaci e allocchi vanitosi, vittime senza cervello e cronisti senza scrupoli.
Il migliore di tutti, Jack Lemmon, picchia i tasti della macchina, usando espressioni sempre più roboanti. Si dimentica persino del suo imminente matrimonio. E’ lo stesso ticchettio a inebriarlo, a dargli altro carburante per continuare. E’ quello di cui hanno bisogno i giornali di quella Chicago che non si vede mai, racchiusa tutta nella stanza dove bivaccano «gli scribacchini» nell’attesa spasmodica della condanna a morte del giovane anarchico. Hanno fame di sensazioni, di roba forte, sempre più forte. E’ una gara a chi la spara più grossa, a chi smercia la quantità meno modica. Ogni giorno occorre lanciare una bomba, altrimenti i lettori-addicted ti abbandonano e si mettono a cercare altrove la dose quotidiana.
Cultura, geopolitica, guerre, religioni, commerci, scienza, soldi, premi Nobel… niente vale sul mercato come lo sputtanamento di un nemico. I segugi si scatenano ed ecco che Gary Hart perde la nomination alla presidenza americana per una foto con l’amica in barca e Clinton dimezza il suo potere a causa della stagista. In qualche caso è sufficiente ipotizzare lo scatenamento di detti segugi, un giochino tipo gatto-topo condotto con il sorriso sulle labbra – vero sadismo – e il botto si è ottenuto lo stesso, copie esaurite e lettori placati (con la foglia di fico già utilizzata: tra un giorno, un mese, un anno si possono presentare le scuse).
Sputtanare o minacciare di farlo sono ormai la stessa cosa. Il principio che regge il gioco (appunto «è la stampa bellezza») è che ciascuna persona ha almeno un difetto o un segreto, ha fatto qualcosa di sbagliato, ceduto alla tentazione, infranto una legge formale e/o morale. Messo in pagina in un certo modo ogni limite, ogni mancanza, ogni peccato può essere tramutato in scandalo e vergogna. Un po’ di tasti pigiati e la carrozza si trasforma in una zucca esposta al pubblico ludibrio. Ma alla fine quella di «Prima Pagina» è una morale triste: tanto lavoro e tante energie sprecate così? Per pubblicare una intercettazione telefonica o un verbale di tribunale? Persino a Chicago si potrebbe fare qualcosa di meglio.