Gad Lerner, dalle pagine di Vanity Fair, dice la sua sull’omicidio di Sarah Scazzi.

Gad Lerner, dalle pagine di Vanity Fair, in un articolo intitolato “Guai a dire che Sarah assomiglia a noi”, dice la sua sul delitto di Avretana, riflettendo sul ruolo del contesto familiare e delle tensioni che spingono le persone a interpretare quanto accaduto secondo un particolare punto di vista: «bisogna che il telespettatore», spiega «si goda lo spettacolo del male, con giusta dose di brividi e mistero, senza mai sospettare che i suoi personali malesseri relazionali rassomiglino a quelli del “mostro” sotto i riflettori». Secondo il giornalista, il delitto «pur nella sua eccezionalità dovuta soprattutto alla relazione intensa stabilita da tutti i protagonisti della tragedia con la tv guardona» rivelerebbe un tendenza « imbarazzante e sottaciuta». Per il conduttore dell’Infedele, il fatto che la maggior parte degli omicidi di sesso femminile avvenga in ambito familiare «dipende dal fatto che la famiglia è il principale agente criminogeno nella nostra società».



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Non solo: tra «genitori e figli, o tra fratelli, l’amore non è garantito dal sangue in comune», «il vincolo parentale non ci preserva dai peggiori istinti ma talvolta li alimenta, specie quando il legame stringe come una catena», afferma. Certe pulsioni distruttive, poi, non rappresenterebbero casi isolati. «La rimozione, l’inconsapevolezza, il venir meno della confidenza riempiono di zone oscure tutte le famiglie, nessuna esclusa». Questo perché ogni nucleo familiare, prima o poi, ha a che fare con «il dolore, la malattia, la morte, e innumerevoli altre manifestazioni del male». Per non lasciarsi soffocare dal male sono necessarie «virtù razionali – conclude – le più faticose da apprendere e insegnare, non solo buoni sentimenti».



 

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