C’è qualcosa che stona nella vicenda della lotta degli abitanti di Terzigno contro la discarica. Qualcosa che non torna. Le urla, le invettive, quei cumuli di spazzatura bruciati nelle strade, a sprigionare fumi tossici pericolosissimi; il dilagare di una violenza che, dalle fermate della metropolitana alle strade, agli stadi, sembra diventare il metodo per chiedere e farsi giustizia; i camion assaltati, un far west cittadino troppo corrispondente allo stereotipo di una Campania ex lege, che tocca rassegnarsi a gestire, mai a governare. Tanto da non essere solo più un pregiudiziale modo di dire.
Non torna il sapiente uso dei media, da parte dei media, certo, abili a schierare le truppe improvvisate di rivoltosi contro forze del’ordine e governo, a servire ancora le ragioni di un’opposizione cui non basta la civile lotta politica. Ma telecamere e microfoni sono armi da impugnare anche per la popolazione, da dosare e scatenare a orologeria, e c’è da chiedersi se siano nati per essere soltanto amplificatori, e non testimoni di notizie. Non torna dopo la quiete di questi due anni lo scatenarsi rabbioso di gente abituata a cogliere i cambi di vento al potere, aizzata, viene il sospetto, da chi questo potere lo teme, e ne ha avuto danni. Troppa regia, dunque, servita con grida e lacrime da tamurriata.
Però. Senza essere cerchiobottisti, tocca dar conto di altri sguardi e pensieri. Quella era gente pacifica, gente di provincia, stanca di subire la vicinanza scomoda con la metropoli partenopea, che è monnezza, ma anche un marchio di illegalità, di tirare a campare, di clientele. Chi protesta è gente che tiene famiglia, e pure se li sbandiera un po’ troppo, questi figli a rischio salute, esprime le preoccupazioni e le riottosità naturali per montanari della Val Brembana o coltivatori della grassa padania.
A parte qualche sacerdote malato di protagonismo e che esprime sulle barricate il disagio per una vocazione non amata , quella gente ha visto scendere al proprio fianco un vescovo. A ricordare che chi prega, e prega in chiesa, non lo fa perché stipendiato dalla camorra. Tocca pensarci: cos’è mancato nella comunicazione, nella doverosa condivisione di decisioni che avrebbero dovuto spiegare, rassicurare, rasserenare?
Quella sui rifiuti di Napoli sembrò una vittoria per il nome e l’immagine dell’Italia intera. Forse un po’ frettolosa, esaltata da una propaganda che ha nascosto i problemi, e la realtà: buona parte dei rifiuti, parta o non parta la raccolta differenziata ( e chi deve farla partire, se non gli amministratori locali?) deve forzatamente essere compattata, bruciata, o sotterrata con tutti i crismi. Non c’è altra strada, finora inventata dagli uomini, se non scaricarla in segreto in qualche spelonca selvaggia, o spedirla in dono a qualche paese o mare africano.
Ci sono discariche a norma che non destano paura e angosce, ma offrono perfino ricchezza in tanti paesi d’Europa, e del nord Italia. Avranno protestato anche lì, poi avranno capito, avranno preso fiducia, non accantonato i pericoli. In Campania nessuno pare aver voglia di educare, chiarire, coinvolgere comunità troppe volte abusate e diserte.
La scarpa destra, prima dei voti, siano a dritta o a mancina, cioè promesse, e per il piede sinistro poi si vedrà. Le discariche si debbono fare. Ma serve militarizzare i paesi, i boschi, attirando ancor di più sulle forze dell’ordine l’odio di chi dovrebbe ringraziarle, e chiedere aiuto? Chi sono i soldati colpiti dalle pietre di menadi furiose, di ragazzotti assoldati alla guerriglia? La gente perbene, pacifica, cara Eccellenza, sta dalla parte dei poliziotti, l’aveva capito già Pasolini.
Troppo facile commuoversi se la bandiera italiana si stende sulle bare di ritorno dall’Afghanistan. C’è modo di rendere Afghanistan anche il paradiso naturale di Terzigno. Spegnete le telecamere, invece, lasciate fuori i venditori di fumo e i mestatori nel torbido: ci sarà modo di mettere a un tavolo chi avete eletto, il vostro vescovo, ingegneri e medici, e trovare un soluzione per il bene comune. Solo così la vostra voce griderà sentimenti sinceri, e credibili
(Monica Mondo)