Guarda il Tg de ilsussidiario.net con interviste e approfondimenti sull’ assemblea nazionale della Cdo “Una responsabilità che cresce con la forza dell’origine”, che si è tenuta ieri a Milano
Tutto è iniziato da una piccola impresa che produceva vini, con sede ad Alcamo in Sicilia, in un territorio fortemente condizionato dalla presenza della mafia. E’ partito da qui Giorgio Vittadini, presidente dalla Fondazione per la Sussidiarietà, per raccontare come sia nata la Compagnia delle Opere da lui fondata. Vittadini è intervenuto nel corso dell’assemblea nazionale della Cdo che si è tenuta ieri mattina a Milano, con il titolo «Una responsabilità che cresce con la forza dell’origine». E l’origine appunto non è stato un progetto per cambiare il mondo, ma un gruppo di amici che ha creato un’impresa grazie alla loro passione per il vino. «Partimmo dalla necessità di aiutarli, perché volevamo che la loro azienda potesse continuare a esistere. Lavorando, vivendo, quella piccola impresa dimostrava che quello che era possibile per loro lo era per tutti. Era questo che ci interessava».
CHI AGISCE E CHI CRITICA – Una sfida che, molto più in grande, per la Compagnia delle opere continua ancora oggi. «Il problema del nostro Paese è la mancanza del desiderio – ha sottolineato Vittadini -. Non si fanno più figli, non c’è la volontà di cambiare davanti alle trasformazioni del mondo e si attaccano i pochi che fanno, perché il desiderio è così ridotto che si arriva a pensare che chiunque agisce lo faccia in modo truffaldino». Al contrario, la Compagnia delle Opere è cresciuta confrontandosi continuamente con il problema del lavoro. Vittadini ha citato don Luigi Giussani, che spiegava come «non ci si può arrendere di fronte al fatto che la riorganizzazione dell’economia avvenga a spese dell’occupazione».
LA SFIDA PER IL LAVORO – Un richiamo più che mai attuale, in un momento in cui la disoccupazione nel mondo ha raggiunto il suo massimo storico. Non a caso don Giussani aggiungeva: «Occorre fare per ritrovare una via d’uscita. Ognuno deve fare la propria parte, partecipando a qualsiasi forma seria di lotta contro la disoccupazione». «L’inizio della Compagnia delle Opere – ha ricordato Vittadini – è stata questa volontà di creare lavoro. Molte imprese sono nate per dare vita a delle possibilità d’impiego dove non c’erano, per uscire dal caporalato e dai condizionamenti della mafia. Anche in Calabria, massacrata dall’inchiesta Why not che si è rivelata una bufala e un insulto, una spreco per lo Stato. Perché il magistrato che l’ha fatta, spendendo 10 milioni di euro, è stato smentito dalla stessa magistratura. Why not ha accusato gente che aveva creato occupazione e opere imprenditoriali».
CONTRO I FALSI MORALISTI – E ha concluso Vittadini: «Quando parliamo di sussidiarietà, parliamo di una società in cui le persone siano in grado di rispondere da sole al proprio bisogno. E’ di questo che c’è urgenza in questo momento, e non dei falsi moralisti che uccidono la vita delle persone. La Compagnia delle Opere è stata innanzitutto una necessità per me, perché io ho bisogno di implicarmi, di dare, di essere utile agli altri». E proprio da questo desiderio è partito l’intervento di don Julian Carron, presidente della Fraternità di Cl, che ha ricordato una frase della scrittrice Flannery O’Connor: «Se la vita ci soddisfacesse, fare letteratura non avrebbe senso».
LA PASSIONE E LA STANCHEZZA – «Le nostre opere – ha commentato Carron – nascono dal desiderio di essere soddisfatti. Ma strada facendo questa apertura può decadere fino a sparire, come documenta lo scetticismo di tanti adulti. Tutto l’impeto con cui uno incomincia a lavorare non può impedire che uno a un certo punto si stufi». E si è domandato don Carron: «E’ possibile mantenere viva la forza dell’origine? L’uomo da solo è incapace. La presunzione moderna assume il volto del distacco della morale dall’origine dell’azione, che è appunto il desiderio. E così sperimentiamo il lavoro ridotto a puro dovere, il logoramento cronico, la mancanza di una motivazione vera per il nostro impegno».
VERSO L’IMBARBARIMENTO – L’unica soluzione, come ha sottolineato don Carron, «è l’incontro con Cristo che produce la sorpresa del ridestarsi del desiderio. Nell’incontro nasce la personalità dell’uomo e questo rappresenta l’inizio dell’avventura e della responsabilità di ciascuno». Mentre per il presidente della Cdo, Bernhard Scholz, «la nostra capacità di creare potrebbe sembrare un nostro merito, mentre si origina da una valorizzazione del desiderio di ogni persona che mette in moto le sue energie per un mondo più umano. Pur nell’imbarbarimento della vita sociale cui stiamo assistendo, è possibile un modo diverso di affrontare i problemi. E questo fa crescere la nostra responsabilità».
«SERVE UN GOVERNO COESO» – Una responsabilità che per Scholz è richiesta anche ai politici: «La situazione delle famiglie e delle imprese richiede un rinnovato impegno di tutti i partiti. Il Paese ha bisogno di un governo autorevole e coeso e di un’opposizione propositiva e costruttiva. Le riforme sono urgenti e non si può attendere altro tempo per introdurre la sussidiarietà come base del federalismo. Occorre dare vera stabilità al 5 per mille. E non possiamo più aspettare la piena realizzazione della parità scolastica, che si è già affermata in tutti gli altri Paesi europei». Carlos Zerbini, parlamentare brasiliano e guida dell’associazione dei Sem Terra, che si occupa delle persone più povere di San Paolo, ha raccontato come l’incontro con la Compagnia delle Opere lo ha aiutato ad affrontare tutto con un metodo rinnovato.
IMPEGNO E LIBERTA’ – «Nel 2003 io e mia moglie Cleuza seguivamo 10mila famiglie diseredate. Avevamo ottenuto molti risultati, ma ci sentivamo stanchi e preoccupati, perché quella responsabilità sembrava schiacciarci. Dopo avere partecipato all’assemblea della Compagnia delle Opere del Sudamerica, abbiamo continuato a impegnarci per migliorare la società, ma senza quel senso di angoscia che stava iniziando ad appesantirci. Il nostro modo di affrontare tutte le cose è diventato finalmente libero, con la consapevolezza che la costruzione più importante per la quale dovevamo impegnarci era innanzitutto quella della nostra personalità».
(Pietro Vernizzi)