Gentile Direttore,

sono un ginecologo che lavora in un ospedale della Brianza. Sono molto contento che si svolga la “ Veglia per la Vita”.

Io, però, la chiamerei la “sveglia “ per la vita, in quanto mi sembra che il torpore (diabolico) stia permeando sia gli operatori sanitari che i cittadini in generale (tra cui molti bravi cattolici).
La sonnolenza serpeggia sempre più evidentemente quando capisci che certi giudizi veramente umani (cioè squisitamente morali) su aborto, fecondazione artificiale, contraccezione fanno scattare un fastidio, quasi come quando al mattino vado a svegliare i miei figli per andare a scuola e si girano scocciati dall’altra parte.



In particolare sarebbe bello se per scuoterci  da tale atteggiamento da plantigradi, i Vescovi italiani prendessero carta e penna, come i colleghi (scusate, i confratelli) dell’episcopato polacco e dicessero una volta per tutte che chi utilizza o gestisce tecniche di fecondazione artificiale si trova fuori dal cammino umano (perciò morale) che la Chiesa insegna.



Io sono stanco di sentimi dire da colleghi cattolici di essere sì tali, ma di avere le loro idee sui temi sensibili. Questa per me non si chiama comunione, ma relativismo. Tutto è relativo a me, cioè io sono il centro della vita e il mio istinto e il mio pensare costituiscono la strada maestra delle scelte nella professione e nella vita. Ora, a Milano, uno che pensa di essere il perno attorno al quale gira tutto come fosse una trottola si dice che “pirla”, cioè gira ma non si muove.

Come ginecologo ho assolutamente bisogno di sapere che i miei Vescovi hanno un giudizio chiaro sulla salvaguardia della vita anche di quella che è solo formata da due cellule. Mi chiedo: l’uomo quante cellule deve avere per assurgere alla dignità di essere vivente e a quante cellule entra l’anima nell’uomo?



O ci importa dei nostri piccoli solo se diventano animali da pelliccia come i poveri conigli che hanno fatto vedere stasera in televisione con un servizio pro-animalista? Stiamo giocando con la vita dei nostri figli, li stiamo usando come carne da macello per le nostre voglie.

Ieri ho fatto un ecografia ad una paziente che inizia il percorso per una ovodonazione in Grecia: “Sa, dottore, siamo avanti con gli anni,  non siamo sposati, con l’adozione magari non ci darebbero un figlio, o magari ce ne darebbero uno grande, così vado in Grecia per avere delle uova da far fecondare con il seme del mio compagno e poi fare il trasferimento degli embrioni…”. Quando ho chiesto che cosa avrebbe pensato il figlio nato da due madri: muta. Senza poi valutare quanti fratellini verranno sacrificati nell’intento del”risultato” finale. I nostri Vescovi prendano carta e penna o qui moriamo tutti.

(Gianluigi Parenti)