La roccaforte della speranza è la chiesa di Brembate. Sopra l’altare campeggia un grande cartello: “Ti aspettiamo Yara, piccola, grande amica”. I lumini che bruciano sotto sono davvero tanti, come sono tante le persone che a turno, a ogni ora del giorno, pregano perché Yara torni a casa. La gente entra, si inginocchia, resta qualche minuto e poi se ne va.
La preghiera adesso sarà scandita ora per ora e le persone potranno rendersi disponibili ai turni, mettendo il loro nome su un quadernone. “Così – dice il parroco, don Corinno Scotti – ci sarà sempre qualcuno davanti a Gesù, a ricordare la nostra Yara”. Che semplicità ma che grandezza, in questo gesto.
E forse è proprio questo che il circo mediatico non perdona. Non perdona che si scelga il silenzio di una chiesa, al rumore delle televisioni. La gente si inginocchia, invece che andare davanti alle telecamere. E un gesto così semplice viene scambiato da qualcuno addirittura come omertà. Da quattordici giorni i furgoni delle televisioni stazionano a poche decine di metri dalla casa della famiglia di Yara. Una pattuglia di vigili impedisce che ci si possa avvicinare. E così le reti nazionali si trovano a dover riempire ore di diretta con il nulla, o quasi.
Le scene a cui eravamo abituati, con i cronisti televisivi circondati da decine di persone in fila per dire la loro, qui a Brembate non si sono viste. Davanti alle telecamere non si presenta nessuno. E i giornalisti si inventano le tesi più strampalate per spiegare quello che dovrebbe essere un atteggiamento normale. L’atteggiamento di chi vive la solidarietà e l’affetto alla famiglia di Yara con il silenzio e il rispetto. Silenzio e rispetto per questa straordinaria famiglia che da quel sabato 26 novembre non ha mai ceduto alla disperazione, che continua a sperare e a pregare.
Ecco perché noi abbiamo rinunciato alle dirette da Brembate, prima di tutto per rispetto verso una famiglia che, fin dal primo giorno, ha chiesto discrezione e silenzio. Abbiamo scelto di stare un passo indietro, offrendo ai nostri telespettatori solo l’informazione necessaria. Notizie sulle indagini e sulle ricerche, il racconto essenziale di tutto ciò che di positivo si sta muovendo attorno a questa vicenda drammatica, senza cedere a spettacolarizzazioni inutili e senza aggiungere nulla a ciò che è certo e verificato.
Per noi è stata una scelta giornalistica, perché il giornalismo è fornire alla gente notizie e raccontare fatti. Non è scavare, a volte senza pietà, nelle vicende umane, per vincere la sfida degli ascolti. Proviamo così a stare accanto alla famiglia di Yara e alla gente di Brembate che prega e continua a sperare.
(Massimo Romanò, vicedirettore di Bergamo Notizie)