Maltempo e frane, frane e maltempo. La colpa di frane e smottamenti talvolta non si può attribuire all’errore umano, quando deve capitare capita. Vero è che un discorso simile può anch’esso franare se riguarda alcune zone del sud Italia, troppo spesso colpite da incidenti che rischiano di mettere a repentaglio la vita dei cittadini. È quanto ad esempio avvenuto a Manierato due giorni orsono. Una pericolosissima e gigantesca frana ha visto il crollo di un costone di roccia ad appena 200 metri dal centro abitato. Fortunatamente non sono state coinvolte persone. Ma la paura è stata parecchia. 2.300 cittadini evacuati dalla Protezione Civile hanno reso in poche ore il piccolo centro, in provincia di Vibo Valentia, una vera e propria città fantasma. Episodi che troppo spesso siamo abituati a sentire e le cui cause, quando non meramente naturali, sono da attribuire alla scriteriata modalità con la quale il territorio urbano è stato gestito nel proprio sviluppo e nella propria crescita. Abusivismo e trascuratezza rischiano di essere i migliori alleati nelle sciagure geologiche che spesso colpiscono Calabria, Campania, Sicilia e altre regioni del sud. Di questo abbiamo parlato con il professor Settimio Ferlisi, geotecnico ricercatore presso il dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università degli Studi di Salerno.
Professor Ferlisi, disastri come quello avvenuto a Manierato sono solo attribuibili alla natura o complice è anche un certo tipo di trascuratezza e superficialità nell’analisi del terreno e della situazione geologica?
Io credo che ormai in Italia, come in molte altre parti del mondo, disponiamo di conoscenze tali da poter prevedere senza troppi problemi quando e dove si potranno verificare fenomeni coem smottamenti o frane di notevoli dimensioni. Oltre a ciò siamo in grado di individuare anche i volumi dei materiali complessivamente coinvolti nell’evento e quindi, congruentemente con questo dato, calcolare anche le conseguenze sugli elementi esposti ovvero le persone, le strutture e le infrastrutture, i beni ambientali e paesaggistici.
A che livello è in Italia la mappatura delle zone a rischio frana?
Fortunatamente in Italia siamo oramai in possesso di studi che sono pressoché completi e che riguardano la cartografia del rischio sia da frana sia da alluvione. Si tratta di ricerche approfondite redatte dalle autorità di bacino, nazionali, interregionali e regionali. Il tutto in ambito dei famosi piani stralcio di assetto idrogeologico.
Con tale disponibilità di materiale per quale motivo la prevenzione nel nostro Paese risulta così scarsa?
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Perché gli studi di cui parlo sono di per sé degli strumenti di previsione a tutti gli effetti, almeno le carte di zonazione. Ma a questi dovrebbero poi evidentemente seguire delle opere di prevenzione. Come giustamente, sottolineato, è proprio su questo aspetto che c’è ancora molto da lavorare. Però anche su tale versante occorre agire con oculatezza. Non basta punto intervenire, ma anche solo mantenere. Spesso infatti si parla di interventi di tipo strutturale mentre una buona conoscenza del territorio accompagnata da monitoraggi e messa in opera di interventi di manutenzione straordinaria basterebbero sicuramente ad evitare questi disastri.
Quanto incide l’abusivismo nei disastri ambientali?
L’abusivismo è senz’altro una delle grandi piaghe d’Italia. Io lavoro a Salerno, dal tempo dei fatti di Sarno, avvenuti nel 1998. Le conseguenze che ci sono state in termini di perdita di vite umane specialmente nella zona di Episcopio sono state legate alla forte urbanizzazione che è stata legata al secondo dopoguerra. Ora: si trattava di un’urbanizzazione non abusiva, ma che non teneva conto di quanto occorso nel passato come ad esempio fenomeni franosi ripetutamente verificatisi. Figuriamoci cosa può accadere in Sicilia e in Calabria dove la piaga dell’abusivismo determina evidentemente un incremento esponenziale dei rischi.
A fronte di fenomeni di abuso edilizio è comunque ancora possibile intervenire tecnicamente sul terreno onde evitare disastri?
Ovviamente ciò dipende da caso a caso. Personalmente ritengo che in quasi tutte le situazioni convenga procedere con un’evacuazione. Se ad esempio ci sono tre o quattro case abusive e le persone che vi abitano sono esposte a un rischio altissimo, piuttosto che procedere con un intervento di stabilizzazione, che costa anche qualche milione di euro, è più conveniente per certi versi dire a queste persone di trovare una sistemazione più sicura per loro e salvaguardare così la propria vita. Non si può fare altrimenti. Noi italiani abbiamo una situazione di rischio frane talmente diffusa sul territorio che non conviene, non è possibile, pensare di risanare tutto il Paese. È invece utile individuare le principali priorità di intervento sanatorio e avviare le procedure in casi ben determinati. Per tutte le altre zone è evidentemente più vantaggioso dare il via ad una gestione più oculata, attraverso programmi di monitoraggio.
Ovviamente esiste una stagionalità per i fenomeni franosi. Quanto incide la condizione climatica sul livello di rischio?
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I diversi periodi dell’anno influenzano molto anche il tipo di fenomeno che può verificarsi. Per esempio: all’inizio della stagione delle piogge, subito dopo l’estate, i fenomeni che si verificano presentano un grosso trasporto di materiale solido nell’acqua, ciò particolarmente al sud Italia. I fenomeni che invece coinvolgono grandi volumi di terra si verificano durante la stagione delle piogge. Quindi a seconda del periodo cambia anche la tipologia del fenomeno.
Ci sono dei “campanelli d’allarme” che la popolazione potrebbe individuare in caso di alluvioni o frane?
Questo è molto difficile da dire, penso che la maggior parte dei casi non sia così. I campanelli di allarme sono molto complicati da riconoscere perché purtroppo questi fenomeni avvengono senza alcun preciso e unico segnale premonitore. Per prevederli occorre disporre di un sofisticato sistema di monitoraggio.
Un’ultima domanda dal sapore un po’“politico”: molti a fronte delle numerose frane si scagliano contro la costruzione del famoso Ponte sullo Stretto dicendo che occorrerebbe investire i soldi nella manutenzione. Qual è la sua opinione?
Il ponte avrà e porterà dei vantaggi indubitabili, legati anche all’indotto connesso alla sua costruzione. Personalmente, da siciliano, vivo sempre una difficoltà quando vado che è quella della rete infrastrutturale interna che purtroppo è molto carente. Ma ciò non dipende esclusivamente dall’utilizzo delle risorse economiche. La trascuratezza non deriva dalla mancanza di fondi, ma anche da problemi burocratici o da immobilismi di varia natura.