«Senza i volontari non si fa niente». Lo ha detto il Papa, con un commento estemporaneo ma che riassumeva emozioni e impressioni ricevute domenica 14 febbraio durante la visita all’Ostello della Caritas intitolato a don Luigi Di Liegro. «Senza i volontari non si fa niente». È un giudizio semplice ma impressionante, perché non identifica una categoria di “eroi”, ma un modo di essere pienamente uomini: l’agire volontario è il solo modo che porta le persone ad agire in modo positivo, aperto a tutti. Queste parole al Papa sono venute naturali dopo aver visto per una mattinata i frutti tangibili di questo “agire”.
Decine di persone sottratte alla povertà e alla disperazione, rappresentate da quella signora di mezz’età, Giovanna Contaldo, ospite da anni dell’Ostello, che con le mani tremanti e il volto segnato da una lunga sofferenza sperimentata, ha letto il saluto a nome di tutti gli altri. Le parole della signora Giovanna hanno preso avvio da un augurio imprevisto: «Perché Dio le dia la forza di essere sereno e forte e pieno di speranza come lo siamo noi». E poi ancora: «Qui lei trova dolore, certamente, ma se dovesse, nel viaggio di ritorno, poter portare con lei una cosa soltanto, porti, la prego, la speranza».
Che non il dolore ma la speranza sia l’orizzonte di un luogo come l’Ostello e di una biografia come quella della signora Giovanna, è un dato di fatto davanti al quale non si può restare indifferenti. Perché ha una consistenza oggettiva; non è un’intenzione sentimentale, è uno stato di vita. Che cos’è questa speranza? Di che pasta è fatta? E com’è la realtà vista da lì? Per onestà intellettuale ciascuno dovrebbe rispondere a queste domande.
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Potremmo per esempio provare a chiederci come appaia, osservata da quel punto di vista della signora Giovanna, la cronaca di queste recenti settimane. Prima lo scandalo che ha travolto la Protezione civile e in qualche modo ha intaccato le certezze di migliaia di volontari che si sono resi protagonisti della risposta alla drammatica emergenza dell’Abruzzo; poi i fatti di via Padova a Milano, davanti ai quali politica e media si sono scatenati in un battage vergognoso di strumentalizzazioni e di allarmismo.
Sullo scandalo non è questione di chiudere gli occhi di fronte alla corruzione dilagante, ma semmai di avere una capacità di sguardo che vada oltre questa nebbia mefitica. Il marciume e i veleni che ne stanno derivando non possono rifluire in cinismo o in un’arrendevolezza davanti alla realtà. Quanto a via Padova ci sarebbe da costruire invece un racconto opposto a quello che ci è stato proposto, che non sta dentro lo schematismo strumentale di chi criminalizza gli immigrati o di chi vede fallimenti nei processi di integrazione.
Non è così. E un tragico fatto di cronaca seguito dalla rabbia dei compagni della vittima non può capovolgere la realtà. Che è una realtà tutt’altro che perfetta, ma è fatta da tantissime persone che desiderano costruire una quotidianità diversa. Che nel "day by day" danno fiducia all’altro e non lo demonizzano.
Queste persone meritano non lo scetticismo con cui le abbiamo travolte, ma il suo contrario: quella speranza che la signora Giovanna ha, con semplicità, proposto a ciascuno.